martedì 28 giugno 2011

Spaghetti "alla rivoluzione"

Gli spaghetti "alla rivoluzione" hanno una storia.
Una storia fatta di treno, di chiacchiere, di pazzi a piede libero e di mammitudine. "Spaghetti alla rivoluzione" è quanto mi rispose una collega della SSIS, mentre tornavamo da Bari dopo una giornata trascorsa ad ascoltare aria fritta che usciva dalla bocca convintissima di un Prof di chissà quale disciplina "trasversale", su un treno regolarmente in ritardo, quando le dissi "stasera non so proprio che cosa mangiare, a casa tua che si mangia?". Lei trovava ad aspettarla alla stazione il marito e i suoi due bambini sotto i sei anni, solo a parlare di loro le si illuminava il volto e aveva ragione, dato che tutti e tre erano l'immagine della tenerezza e della serenità. E io sognavo a guardarla, sognavo un sogno che si sta avverando.
"Ma perchè alla rivoluzione?" "Ah, niente, perché la prima volta che l'ho fatta, quando i bambini hanno visto che rimescolavo energicamente gli spaghetti nella teglia hanno detto Mamma perché fai la rivoluzione agli spaghetti? e da allora chiedono sempre che gli faccia - appunto - gli spaghetti alla rivoluzione".
Insomma la ricettina di oggi è nel mio cuore, ma oltre a questo è appetitosa, semplice, autentica, rustica e di sicura riuscita; tutti coloro ai quali l'ho proposta me la chiedono sempre, dunque almeno nella mia cerchia di palati è un successone.

Ingredienti (per due persone):
Una ventina di pomodorini rossi
Basilico a piacer
Prezzemolo a piacer
Formaggio grattugiato a piacer
Sale q.b.
Olio evo
1 cipolla

Preparazione:
Per prima cosa accendo il forno a 200° e metto sul fuoco una pentola di acqua per la pasta.
Lavo bene i pomodorini, affetto sottile sottile la cipolla (ad anelli) e ne faccio un letto in una teglia di terracotta o di pirex con un fondo di olio extravergine di oliva. Sopra questo letto posiziono i pomodorini, tagliati a metà e con la calotta verso l'alto. Cospargo di basilico e prezzemolo tritati insieme finissimamente, formaggio grattugiato (di solito uso il pecorino romano e il parmigiano reggiano/grana), un po' di sale e un altro filo d'olio.
Quando l'acqua sta per bollire metto la teglia in forno (abbasso la temperatura se il forno ha la funzione "ventilato"), e calo gli spaghetti salando l'acqua.
N.B. I pomodori dovrebbero essere pronti, cotti e con un pochetto di crosticina, appena la pasta è da scolare, per cui uso spaghetti un po' grossi, che hanno bisogno di una decina di minuti di cottura.
Spengo il forno, tiro fuori la teglia, scolo la pasta e la verso sui pomodorini. Con due forchette rimescolo, rimescolo, rimescolo accuratamente perché il condimento si appiccichi per bene agli spaghetti, servo caldissimo con una spolverata ulteriore di parmigiano nel piatto se qualcuno la gradisce.

Noi caliamo almeno 80 g di pasta a persona per questa ricetta, normalmente richiede il bis ;-)

lunedì 27 giugno 2011

Radici

oscura e silenziosa se ne sta,
respiri un' aria limpida e leggera
e senti voci forse di altra età,
e senti voci forse di altra età...

La casa sul confine dei ricordi,
la stessa sempre, come tu la sai
e tu ricerchi là le tue radici
se vuoi capire l'anima che hai,
se vuoi capire l'anima che hai...

Quanti tempi e quante vite sono scivolate via da te,
come il fiume che ti passa attorno,
tu che hai visto nascere e morire gli antenati miei,
lentamente, giorno dopo giorno
ed io, l'ultimo, ti chiedo se conosci in me
qualche segno, qualche traccia di ogni vita
o se solamente io ricerco in te
risposta ad ogni cosa non capita,
risposta ad ogni cosa non capita...


Ma è inutile cercare le parole,
la pietra antica non emette suono
o parla come il mondo e come il sole,
parole troppo grandi per un uomo,
parole troppo grandi per un uomo...


E te li senti dentro quei legami,
i riti antichi e i miti del passato
e te li senti dentro come mani,
ma non comprendi più il significato,
ma non comprendi più il significato...


Ma che senso esiste in ciò che è nato dentro ai muri tuoi,
tutto è morto e nessuno ha mai saputo
o solamente non ha senso chiedersi,
io più mi chiedo e meno ho conosciuto.
Ed io, l'ultimo, ti chiedo se così sarà
per un altro dopo che vorrà capire
e se l'altro dopo qui troverà
il solito silenzio senza fine,
il solito silenzio senza fine...


La casa è come un punto di memoria,
le tue radici danno la saggezza
e proprio questa è forse la risposta
e provi un grande senso di dolcezza,
e provi un grande senso di dolcezza...

(Francesco Guccini, Radici)

giovedì 23 giugno 2011

Le Mat

Questa mattina sto mettendo mani ai dati schiettamente sociolinguistici. Devo rivedere da testa a piedi il database semplice che ho fatto io, cancellare i dati che non servono e immettere quelli che non ho ancora inserito. Poi devo ripulire tutte le sigle e rendere le tabelle perfettissime perché lui, il Prof., a inizio settimana possa riversare tutto nel suo, di programma, quello bello, quello vero, quello che fa tutto tranne il caffè, quello da professionisti insomma. Mi rendo conto che più lavoro accanto a quell'uomo, più mi viene voglia di lavorare. Devo tenere conto di questo nei momenti di sconforto e pazzia. Non so che cosa sia: forse che è un folle e mi fa sentire giustificata nella mia follia? Forse che il suo cervello non si ferma mai, come il mio (anche se il suo lavora a velocità supersonica)? Forse che sembra fottersene della carriera e degli scatti di anzianità e interessarsi solo a quello che fa? Forse che la sua schifosa intelligenza mi stimola? Un po' di tutte queste cose? In fin dei conti parliamo di un inguaribile incostante che però quando si concentra su un lavoro è vergognosamente metodico...e questo mi rassicura, mi fa sentire giustificata nel mio squilibrio continuo, mi spinge a concentrarmi e a lasciare libero sfogo alla mia altrettanto vergognosa metodicità e pignoleria.
Dopotutto, è un Matto, col suo fardellino bello ordinato, il suo passo sempre in avanti, il suo mezzo sorriso e la sua indolenza verso il cane che cerca di ghermirlo. Proprio come me.

martedì 21 giugno 2011

Frittelle di patate

Questa ricetta è liberamente ispirata a un piatto che prepara benissimo un'amica. Mi sono fatta dire la ricetta un milione di volte ma non ho mai preso nota, per cui ho cercato di riprodurla my way; il risultato è stato molto gradevole anche se non proprio identico al sapore che ricordavo.
Riporto dosi e procedimento che ho usato ieri sera; è venuto un bel piatto di frittelle.

Ingredienti (per una trentina di frittelle)
5 patate medie
3 uova
sale & pepe  q.b.
foglioline di menta  a piacer
parmigiano grattugiato  a piacer
pangrattato   q.b.
olio di semi di girasole   q.b.

Preparazione:
Ho pelato le patate, le ho sciacquate e grattugiate grossolanamente in una terrina. Ho messo sul fuoco una bella padella con olio per friggere a scaldarsi.
Ho condito le patate grattugiate con sale, pepe, parmigiano, menta, e ho legato il tutto con le uova. Man mano che l'olio per friggere si scaldava, però, ho visto che le patate tiravano fuori acqua, così il composto diventava un po' troppo liquido, allora ho aggiunto gradatamente del pangrattato per renderlo via via più consistente.
Con l'aiuto di due cucchiai ho creato le frittelle (come si fa per le quenelles: si scriverà così?) lasciandole scivolare una ad una nell'olio bollente e facendo dorare per bene prima un lato poi l'altro.
Ho messo le frittelle ben scolate ad asciugare su carta da cucina e le ho servite quasi fredde perché le avevo preparate con un po' troppo anticipo sull'ora di cena, ed erano buonissime...ma lo erano anche appena tirate fuori dall'olio quando le ho assaggiate :-)

Noi abbiamo abbinato delle friselle d'orzo condite solo col seme di pomodoro fiaschetto, sale, olio e basilico, e questa è stata la nostra cena di ieri sera, ma sono perfette come antipasto o come piatto da picnic.
Una variante che proverò è con la sostituzione della menta con prezzemolo e del parmigiano con pecorino romano o rodez

mercoledì 15 giugno 2011

Un gioco di carte


Ieri sono stata all'Università, dopo un sacco di tempo.
Io con la mia seconda panza in due anni e papà al seguito a fare da autista-portaborse abbiamo incrociato nei corridoi parecchi studenti in attesa di fare esami. Che facce bambine, accidenti...incredibile pensare che in quei corridoi ci sono stata anche io, con la stessa faccia bambina, la stessa vita sospesa, le stesse ansie, un oceano di aspettative e di fiducia nel futuro e nel fatto che quella fatica mista a svaghi-premio fosse un intelligente investimento per un domani all'altezza dei sogni che ho come direbbe il Liga.
Oggi che ci sono immersa, in quel domani, posso guardarlo e dire quanto sia diverso da come lo immaginavo. Non meno bello, anzi. Al di sopra e al di là di tutte le mie aspettative, più alto emozionante luminoso di quanto abbia mai osato sognare allora. E, soprattutto, non merito di quella fatica mista a svaghi-premio. Le cose migliori della mia vita mi sono accadute, capitate, state offerte con immensa generosità dal cuore pulsante del mondo. Sì, forse il mio percorso accidentato sul terreno minato dal Fato ha reso la vista del mio cuore più acuta e la tenacia nell'aggrapparsi a quanto di bello arriva più caparbia, ok, ma io non ho fatto niente per meritarmi tutto questo. La vita me lo ha semplicemente donato.
E adesso io mi chiedo: adesso che sei al termine di questo percorso di studio matto e disperatissimo, adesso che stai per chiudere questa lunghissima parentesi da studente, adesso che stai finalmente per raggiungere l'obiettivo che hai guardato da lontano per tutti questi anni...ha senso pensare che tutto sia nelle mani di questo evento? Conosco la risposta, è dentro di me epperò stavolta NON è sbajata.
La vita -stando a quanto ho appreso finora- è fatta sì di impegno, di sogni e di fatica nel fare quanto è in tuo potere perché questi si realizzino, ma è soprattutto fatta di occasioni.
Un gioco di carte: puoi impegnarti, essere bravo quanto vuoi...ma se la carta non gira non hai possibilità di vincere.
Ma io gioco, gioco sempre, così l'occhio si affina, la mente si velocizza, il cuore si abitua agli scherzi del destino...e mi ritroverò pronta a vedere l'occasione e a coglierla al volo. Forse.
SE arriva.

lunedì 13 giugno 2011

To vote or not to vote (that is the question)


Votare o non votare, il grande dilemma: esercitare un diritto o ottemperare a un dovere? Entrambe.
Esercitare un diritto, certamente. Il voto è un diritto del cittadino, e in quanto tale il cittadino medesimo può decidere se esercitarlo oppure no.
Ottemperare a un dovere: verso sé stessi, in quanto esseri pensanti che hanno un'opinione sulle cose e dei valori e ci tengono a non essere messi da parte, e verso chi ha combattuto e sacrificato tutto perché noi oggi potessimo votare.
Personalmente, quando sono andata a mettere una X accanto al nome di qualcuno sulla scheda elettorale, a volte mi sono sentita schifata e demotivata, non avrei voluto metterla accanto a nessun nome quella benedetta X. Però poi tutte le volte ho pensato che posso ancora scegliere, e che peggio sarebbe non avere scelta, non avere voce, così ho deciso poi sempre - a volte turandomi il naso - di non uccidere la democrazia per fame (si nutre del contributo di tutti i cittadini ed è allergica al capo che decide per tutti), di concederle i limiti che presenta come ogni impresa umana.
Per cui in me prevale sicuramente il senso del dovere verso il voto, più che il senso di "proprietà": "il diritto di voto è mio e ne faccio quello che voglio", in me, viene sempre schiacchiato da "il voto è la mia voce, e io non so, non posso, non voglio, stare zitta". Non sopporterei l'idea di non aver detto la mia...ma questo è della duchessa in tutte le cose della vita e non so quanto sia un buon esempio...a volte il silenzio è d'oro (ma non in queste cose, credo).
Sono stata cresciuta con spirito critico e per natura non amo guardare l'aspetto esteriore delle cose, la mia indole e il mio istinto mi portano sempre a guardare dietro, nel backstage, a leggere tra le righe, ad analizzare la sostanza dietro la forma, l'intenzione dietro il comportamento, l'obiettivo dietro l'azione, l'occhio del fotografo dietro la macchina fotografica. Sono fatta così. Sono un tipo incazzoso, niente mi passa sotto il naso e i miei studenti detestano il fatto che quasi sempre riesca a prevedere la mossa che stanno per fare per farsi suggerire o per copiare a un compito, o il fatto che anche quando sono di spalle vedo e sento tutto. Sono puntigliosa, a me non la si fa, è meglio non mettersi a discutere con me su questioni di linguistica o di politica  (o di religione...) perché divento una insopportabile pignola che si arrabatta per far vedere le cose come le vede lei, perché l'interlocutore guardi la sostanza dietro la forma e a lasci perdere i discorsi vuoti e gli slogan e l'aria fritta per parlare solo della verità. D'altra parte, vado a calzetta con le persone che come me inseguono solo la verità, ne sanno pagare il prezzo, e fondamentalmente sarebbero un tantinello puntigliose anche loro, come me. Non sono fatta per la gente docile, io.
E questa volta, questa volta qui, non ci sono risvolti della medaglia, questa volta non è possibile parlare di un diritto a voto. Stavolta votare è un dovere perché più che mai le questioni oggetto di referendum riguarderanno la vita quotidiana di ciascuno di noi. E sulla vita quotidiana, sui diritti essenziali, non puoi non avere un'idea. O è sì, o è no.
Non puoi dire "non vado a votare": non puoi dire che su chi deve gestire l'acqua che esce dal tuo rubinetto con cui ti lavi, lavi i tuoi figli o i tuoi genitori allettati, innaffi le piante, cucini la pasta, non hai un'idea, non puoi dire che non ti interessa sapere dove e come e da chi e a che prezzo viene erogata l'energia che ti permette di avere il frigorifero e il forno e la luce della notte in camera del tuo bambino. Non puoi non avere un'opinione su che cosa dovrebbe succedere alle persone che TI rappresentano ai massimi livelli, che creano le leggi A NOME TUO - perché è così, gente: anche se ti fanno schifo i Ministri della Rupubblica ti rappresentano, parlano a nome tuo, anche quando dicono cose che in cui non credi. Se credi nella democrazia è così, altrimenti ti meriti la dittatura, morbida o dura, non ce n'è - quando commettono un reato, se secondo te devono o meno comparire per forza e senza giustificazioni davanti al giudice (che anche lui amministra la legge IN NOME DEL POPOLO, cioè in nome tuo). Su queste cose, se non hai un'opinione, hai qualcosa che non va. Se non hai un'opinione su questioni che ti riguardano così da vicino, non hai una vita o non la sai gestire, o vuoi che te la gestisca qualcun altro, quale che sia il prezzo da pagare.
A quanto pare, di pecore come te, ce ne sono meno di quanto pensassimo.
A quanto pare, alla gente piace sempre meno sentirsi dire che è cretina, che la sua voce "è inutile", che farebbe meglio ad andarsene al mare perché la sua opinione non vale niente. E già, la gente è un tantinello permalosa, a quanto pare.
E quando si dice "quorum", questo si intende: perché la voce di tutti quelli che si sono espressi su queste questioni valga qualcosa, deve essere la voce di un bel coro che urla forte; il referendum non parla sottovoce, se ci sono troppo poche voci non si sentono; e quando si dice che per questo devono avere votato il "50% + 1" degli elettori non si intende l'1%, ma proprio 1, "uno", un voto singolo, un unico voto...potrebbe essere IL TUO.
1+1+1+1+1 non fa sempre 1.
Vai a votare, c'è ancora tempo fino alle 15 di oggi.

sabato 11 giugno 2011

Cavoli a merenda


Perché finalmente, sia presto o sia tardi, ho imparato a non farmi ferire da te.
Ormai lo so, l'ho capito, quello che pensi davvero dietro la facciata di sorrisi abbracci e sguardi dolci ingannatori, così non mi ferisci più davvero perché sono preparata. Lo so, lo posso prevedere, ormai, come interpreterai il mio comportamento, come vedrai e poi dipingerai i fatti della mia vita, e mi aspetto anche certe "uscite" che, puntuali, poi arrivano.
Tipo stavolta, che ne aspettavo una, l'avevo profetizzata, l'avevo annunciata a tutti quelli di cui mi fido sul serio, ed eccola qua si è materializzata.
E sai qual è il bello? Che non ti serbo neppure rancore, che non ti detesto nemmeno, non posso, non ci riesco. Il bello è che continuo a volerti sempre bene, ma a debita distanza. Il mio cuore è ormai lontano dal tuo.
Ho inseguito il tuo cuore per un tempo lunghissimo e pienissimo, prima di comprendere veramente che è irraggiungibile, protetto come lo tieni da ogni possibile sofferenza attraverso strati di diffidenza, di malignità, custodito dalla guardia implacabile del tuo giudizio che riesce sempre a fare in modo che quando qualcuno si avvicina troppo in profondità ai tuoi sentimenti veri, quando qualcuno riesce a intravedere la tua anima, il tuo cuore lo veda come un nemico da allontanare immediatamente. Ho combattuto stupidamente, caparbiamente, ciecamente, contro tutto questo, perché ti voglio bene come nessun altro, ma ammetto la sconfitta e seppellisco l'ascia di guerra. Mi sono rassegnata a una battaglia persa in partenza, non posso combattere perché non ho, non conosco, non padroneggio le tue armi. Il mio mondo è popolato di affetti trasparenti, di cose dette in faccia, di sentimenti vissuti a fior di pelle, di ferite scoperte, e soprattutto di persone autentiche capaci di vivere sé stesse guardandosi allo specchio dell'anima e faticando per amare sé stesse negli aspetti migliori come in quelli più torbidi, che non nascondono ai propri occhi e a quelli del prossimo ciò che sono davvero, nel bene e nel male. In un mondo così non può (e non deve) esserci spazio per l'intrigo, per la macchinazione, per il giudizio, per il calcolo, per i commenti velenosi.
Per tutte queste ragioni...ti voglio bene, sempre te ne vorrò...ma questo è il mio mondo e tu c'entri come i cavoli a merenda.

mercoledì 8 giugno 2011

Quindicimilatrecentotrentanove

...Non è tutto il corpus previsto, ok.
Ma è un mini-corpus coerente, e basta così.
Oggi è il gran giorno in cui ho terminato l'immissione.
Mi sembra si scorgere una luce, là, in fondo al tunnel...ma potrebbero anche essere i fari di un tir ;-)

Insalata di riso quasi "home made"

Oggi per la prima volta ho fatto una insalata di riso "a mano", senza cioè condimenti pronti o sottaceti. Me la sono inventata di sana pianta, prendendo spunto qua e là alla ricerca di una ricetta adatta anche per il piccolo Duca (che per la cronaca si è limitato a spiluccarla con scarso interesse...). Nonostante l'improvvisazione, sono abbastanza soddisfatta del risultato. Oggi poi, se tutto procede secondo i piani, sarà un gran giorno...


Ingredienti per una bella coppona
500 g di riso parboiled
4 carote piccole
2 zucchine piccole
2 coste di sedano
150 g circa di fagiolini
1 fetta spessa di prosciutto cotto
1 spicchio di caciotta di pecora
1 barattolo piccolo di mais
4 scatolette di tonno sott'olio da 80 g
1/2 barattolo di olive verdi snocciolate
1 barattoli di funghi champignon al naturale
1 limone (succo)
olio evo q.b.
sale & pepe q.b.

Preparazione:
Ieri sera ho tagliato le carote, le zucchine e le coste di sedano a dadini piccoli e ho sbollentato tutto insieme in abbondante acqua salata per qualche minuto; a parte ho lessato così anche i fagiolini e li ho tagliati a pezzetti (dopo cotti). Ho lasciato tutto a raffreddare fino a stamattina.
Stamattina ho lessato il riso, sempre in abbondante acqua salata, l'ho scolato bene e l'ho lasciato raffreddare per qualche minuto prima di spruzzarlo col succo di limone e lasciarlo raffreddare per bene. Una volta tiepido ho aggiunto le verdure a pezzetti, aggiustato di sale e pepe e condito con l'olio, e lasciato insaporire in frigo per un'oretta.
Ho aggiunto poi per ultimi il mais, il tonno, le olive, i funghi (se avessi avuto quelli sott'olio sarebbero stati perfetti), e il prosciutto cotto e il formaggio a dadini, e ho lasciato insaporire ancora, fuori dal frigo, fino all'ora di pranzo.

lunedì 6 giugno 2011

Torta salata agli asparagi

Ricettina del lunedì sera sclerotico e accaldato.
Fare la torta salata ha un effetto benefico sulla mia autostima, oggi decisamente sotto zero. Primo: faccio la brisee con le mie mani, e pasticciare fa sempre bene. Secondo: il ripieno è sempre improvvisato, e scoprirsi creativi è sempre una bella scoperta. Terzo: gli ingredienti sono regolarmente avanzi loro stessi o pensati per accompagnare degli avanzi, e non gettare il cibo mi fa sentire utile coerente corretta e illuminata.
Dunque.

Ingredienti
(per una torta salata di 26 cm di diametro)
per la brisee
200 g di farina 00
50 g di burro
50 g di burro salato
20 ml circa di acqua (misura MOLTO approssimativa)
per il ripieno
300 g circa di asparagi (un mazzetto)
100 g circa di scamorza affumicata
2 uova
sale & pepe q.b.
noce moscata a piacer
parmigiano grattugiato a piacer
200 ml circa di panna fresca / latte

Preparazione:
Faccio la brisee con qualche ora di anticipo per lasciarla riposare e rassodare in frigo fino all'ultimo momento: metto la farina a fontana sul piano di lavoro, nel mezzo il burro freddo di frigorifero a pezzettini, cerco di creare delle briciole di farina+burro con le dita molto velocemente per non far squagliare il burro, aggiungo un pochino di acqua molto fredda e comincio a impastare, in fretta, bagnandomi ogni tanto le mani con l'acqua fredda, finché il piano di lavoro non è pulito (ho assorbito tutta la farina) e l'impasto non si può raccogliere in una palla liscia liscia che avvolgo nella pellicola trasparente prima di metterla in frigo.
Un paio di ore prima di cena sbollento gli asparagi in acqua bollente salata dopo averli lavati bene e tagliati a pezzi eliminando la parte finale del gambo che è duretta, li scolo quando si tagliano con il lato della forchetta e li tengo da parte.
Accendo il forno a 180°, sopra e sotto.
Riprendo la brisee dal frigo e la stendo sottile (non troppo) col matterello, rivesto con essa un tegame che possa andare in forno (che sia uno stampo a cerchio apribile o una teglia di alluminio usa e getta o una pirofila è lo stesso) e bucherello il fondo con una forchetta prima di cospargerlo con gli asparagi a pezzi e con la scamorza a tocchettini (stasera così ma a volte la metto a fettine, a seconda di come mi gira).
Sguscio in una terrina le uova, le condisco con sale, pepe, parmigiano grattugiato e noce moscata e inizio a sbatterle con la frusta a mano; quando sono ben amalgamate e hanno preso un po' d'aria le allungo con la panna (se non ce l'ho la sostituisco con il latte, ma il risultato non è paragonabile). Verso questo liquido sul fondo della torta, livello ruotando lo stampo finché asparagi e scamorza non sono ben immersi, e inforno per una mezz'oretta scarsa con la ventilazione. La torta è pronta quando il ripieno si è rassodato e i bordi sono belli dorati; la lascio qualche minuto (non più di cinque!) in forno a riposare, e la taglio e servo quando è quasi fredda.
Il giorno dopo secondo me è ancora più buona.

Sgrunt

Sgrunt. Uff. Mumble mumble. Scrat Scrat. Sob Sigh. Sgrunt.
Signore e Signori, avete assistito alla sintesi delle sensazioni al minuto della duchessa.
Se desiderate una traduzione più dettagliata potete consultarla di seguito.
Sgrunt. Perché non sono una di quelle donne che riescono a fare tutto ciò che si mettono in testa? Uff. Io faccio, faccio e faccio, e non arrivo mai. Mumble mumble. Forse dovrei cambiare punto di vista, me lo dico sempre. Ma come? Scrat Scrat. Non ci riesco mannaggia la miseria, non ci riesco! Mi guardo intorno e mi sento sommersa da tutto ciò che dovrei (credo di dover?) fare. Sob Sigh. Mi sento stanca, impelagata, inconcludente, anche un po' acida devo dire. Sgrunt.
Sì, lo so, è solo il lunedì.

venerdì 3 giugno 2011

Amidgala

Che Madre Natura ha ideato un meccanismo in base al quale il dolore del parto si dimentica. Cioè, ricordi di aver sofferto, ma non ricordi il dolore in sé. Conservi il ricordo razionale, quello emotivo, quello ambientale, ma non quello fisico. Se così non fosse nessuno partorirebbe più di una volta, credo. In qualche modo la mente fa prevalere tutto il resto sul ricordo del dolore fisico, sicuramente per salvaguardare la specie.
Inoltre ti dà del tempo minimo per recuperare, qualche mese mentre allatti o cmq mentre il bimbo è piccolo piccolo e ti assorbe totalmente, un po' di mesi per decidere se vuoi riprovare, e poi ben nove mesi per vivere una lunga, lunghissima gestazione in cui il peso della pancia aumenta sempre più, le gambe si gonfiano insieme al resto del corpo, la stanchezza ti sopraffà e in men che non si dica sei arrivata al nono mese e faresti qualunque cosa per liberarti del fardello che ti separa dall'abbracciare tuo figlio, fi-nal-men-te.
Per tutte queste ragioni dovrebbe esserci una legge per cui le persone che sono state insieme in sala travaglio o in sala parto non dovrebbero incontrarsi mai più. Il meccanismo perfetto di Madre Natura funziona solo in assenza di testimoni. Non dovrebbe essere possibile passare una serata con chi ti ha visto in quel frangente, perché sentirà il bisogno di liberarsi di quelle immagini e di raccontarti per filo e per segno quanto hai sofferto, come ti contorcevi dal dolore, come gridavi "Fatemi il cesareo, vi prego". Così come è accaduto a me ieri sera, a me stolta che ho deciso - pochissimo previdentemente - di incontrare di nuovo la ragazza con cui ho partorito G, la quale ha dovuto assistere alle mie tre ore quando lei se ne è schioppate ben tredici con qualche complicazione e ha finito alla fine ben sette ore più tardi di me. La stessa che ha assistito (come tutto il reparto del resto) alla mia crisi di pianto per l'allattamento, preda degli ormoni e di me medesima. La testimone perfetta di tutta la mia fragilità in quella situazione.
E adesso, naturalmente, Amidgala scalpita ai margini della mia coscienza. Mi dice, la signorina, che è pronta, ai blocchi di partenza, che lei ha conservato ogni singolo aspetto e millimetro e nanosecondo di quella esperienza, e di non preoccuparmi: troverà certamente un odore come gancio per farmi ricordare tutto, al momento opportuno, quando sarò di nuovo così fragile e terrorizzata e starò entrando da sola in sala travaglio senza sapere quanto tempo ci starò e se andrà tutto bene e chi ci sarà e quale ostetrica e quale dottore e che ora sarà e G con chi starà ODDIOOOOOOOOOO.
Grazie, grazie infinite per la serata di ieri.

mercoledì 1 giugno 2011

Risotto al profumo di rosmarino

Ingredienti (per 2 persone)
riso  150 g circa
rosmarino  1 rametto
acqua  un pentolino
philadelphia  1 panetto
prosciutto crudo a fettine  50 g circa
brodo vegetale  1lt circa
cipolla  1/2 o 1 piccola
olio evo  q.b.

Preparazione:
Ho messo sul fuoco un pentolino d'acqua con dentro il rametto di rosmarino, ho portato a ebollizione, lasciato bollire un paio di minuti, poi ho spento e lasciato in infusione.
Ho messo poi nella pentola per il risotto un fondo di olio evo, l'ho fatto scaldare e vi ho tuffato dentro la cipolla tagliata finissima per farla imbiondire; ho saltato il riso in questo fondo di cottura e ho sfumato con un po' di acqua al rosmarino (dopo aver tolto il rametto e filtrato). Ho coperto di brodo, aggiunto un altro po' d'acqua al rosmarino e portato a cottura alternando brodo vegetale e acqua profumata.
Poco prima di spegnere ho mantecato con il philadelphia e lasciato riposare un po'. Prima di servire ho tagliato il prosciutto a listarelle e l'ho saltato in padella antiaderente senza altri grassi per renderlo croccante e metterlo su ciascun piatto di risotto a guarnizione.

Posto questa ricetta improvvisata oggi per la quale ho preso spunto da un po' di ricette sul web che ho leggermente modificato in base al nostro gusto, per la mia cara amica che vive di musica e spirito. Ti voglio bene!

Non ci vuole il dottor Freud


Non ci vuole il dottor Freud per spiegare che cosa significa se ho sognato di essere in una certa città, in mezzo a certi possibili colleghi o comunque almeno compagni di viaggio (già giunti a destinazione, loro, qualcuno ha anche proseguito oltre) coi quali ho un contatto pressoché quotidiano nonché virtuale ma verso i quali nutro una sorta di ammirazione mista a timore reverenziale, e a un certo punto compariva un unico Prof, IL Prof, il simbolo di ogni cosa, colui dal quale circa un anno fa in un contesto ufficiale benché amichevole ho ricevuto complimenti e incoraggiamento, da lui così parco nelle lodi e sagace nelle puntualizzazioni; ebbene Egli passava a salutare noi tutti riuniti e sorridenti per chissà quale occasione, e mi lasciava una dedica, su un volume, che recita più o meno così: "Riuscirà certamente a ottenere ottimi risultati con le sue capacità, se continuerà a studiare"...
...Che avrà voluto dire???