venerdì 15 dicembre 2017

Amico è



L'Amico è colui con cui puoi ridere, o piangere, a cuore aperto, a seconda dell'occasione; con cui decidi di condividere la sua grande gioia, o il suo più cupo dolore.
A volte l'Amico non sa trattenersi, o decide di non farlo, e ti sbatte la realtà sul grugno. Da lui impari continuamente qualcosa, e lui vuole imparare da te e ti si incolla per quello.
Con l'Amico parli come ad uno specchio, prima ancora che tu parli lui sa già quello che dirai; non perché conosce bene te, ma perché conosce sè e ciò che stai per dire è quello che pensa e direbbe lui.
Può farti da madre, o da padre, o da fratello. Con lui puoi anche stare in silenzio, ma il più delle volte non riesci a smettere di parlargli. E' un tipo di amico che può anche appartenere un periodo ma resterà nel tuo cuore per tutta la vita. Spesso fra voi ci sono birra, o bicchieri di vino, o tazze di the, oppure sigarette, frise... o buio, fuoco e luce; musica, voci che si fondono, comuni ritmi del cuore. L'Amico ti sente da lontano. Sei parte di lui a dispetto di tutto, del tempo, della distanza, della vita.
L'Amico è quella persona che se non l'avessi incontrata non avresti scoperto tante cose di te stesso, quella che ti ha accompagnato dove sei.
Amico è anche chi dopo tanto, tanto tempo, ti regala la verità, e ti restituisce così tanto di te da sentirti grato per sempre per il coraggio che ha avuto nel confessartela, finalmente.
Ti porta nel cuore, anche se non nella sua vita. Non ti dimentica anche se non ti parla.
Soprattutto, l'Amico è quello che non giudica, ma accoglie. Non etichetta, ma osserva e tiene a mente. Non pretende, invece resta al tuo fianco. E se ti cerca, il suo interesse sei tu, non il suo ego.

giovedì 30 giugno 2016

Bentornato a questo sole

Ultimi giorni di primavera che scivolano nell'estate. Poi i primi giorni di vero caldo. Più tempo con la testa libera, più testa dentro il tempo finalmente libero. Libero da responsabilità, impegni, scadenze, programmi. Insomma un vero inizio d'estate.
Immancabile la radio accompagna in auto i miei spostamenti, e stimola riflessione ed emotività, due tizie che se ne stanno appollaiate sulla mia spalla e ogni tanto mi comandano come il Piccolo Chef sulla testa di Linguini. Penso al passato, al futuro, vicini e lontani, a desideri, a luoghi dove voglio essere, a persone che voglio sentire e a persone che sento dentro inevitabilmente, cullata da una serie di canzoni.
Questo è, di nuovo, il periodo Vasco - Baglioni.
C'è stato il contemplativo periodo Guccini, il profondo periodo De Andrè, il maledetto periodo De Gregori (tre, quattro volte), un lungo, incancellabile e felice periodo Battiato, ma appartengono tutti alla mezza maturità, alla consapevolezza, all'amarezza da Incontro e Vedi Cara e Verranno a chiederti del nostro amore e Niente da Capire e La stagione dell'amore.
Molto prima, durante l'adolescenza, c'erano state molte canzoni sdolcinate, nessun particolare amore musicale vinceva sugli altri, tutto era di pancia e così era la musica. C'erano stati Queen, U2, pochissimi Spandau, Metallica. Venivano gettati i semi dei miei veri gusti musicali, con le radici negli anni Settanta e Ottanta dei giganti della mia vita: Police, Led Zeppelin, Deep Purple, ROLLING STONES, Simon&Garfunkel, Mina, Barbra, Billie, Janis, Joni, Carole, immensa Joan, David Bowie.
Ma nessuno di loro portava epifanie e verità.
Le epifanie e le verità interiori appartengono a quei pochi anni fra la fine dell'adolescenza e l'inizio dell'essere adulti consapevoli e centrati, quegli anni in cui "tutto è ancora intero, tutto è chi-lo-sa", anni in cui trovavo me stessa nelle parole di Vasco e di Baglioni. Dopo un anno di adolescenza tardiva, e un altro a ricostruire le macerie dopo un attacco terroristico emotivo, "ci sta" tornare a scoprirsi nella stessa musica, ritrovarsi, potersi dire (più esattamente potersi urlare a squarciagola sulla rotonda di Piazzale del Lavoro), appunto, "IO SONO ANCORA QUA, EEEEH GIA'" "FORSE ERA GIUSTO COSIIIIIIII", "e non lasciare andare un giorno per ritrovar te stesso, figlio di un cielo così bello perché la vita è adesso", ed assorbire "Bentornato a questo sole, nelle camere di tutto il mondo, quando allaga letti e cuori".

Molto love.

mercoledì 22 giugno 2016

Curvy...aka "cicciona"


Estate 2016. L'estate dei miei 40 anni.
L'estate della forza di gravità che vince. L'estate dell'età che incombe. L'estate della bilancia che segna allarme rosso.
L'estate dei ragionamenti, sul passato e sul futuro.
Oddio, la bilancia segna allarme rosso. Che cosa è successo? Ho mangiato così male? Saranno state le volte al Mac? Sarà stata la pasta? La vita sedentaria? Le corse letto-scuola dei bambini-scuola io- lezioni private/ancora scuola- scuola dei bimbi- spesa-pc-cena-bimbi a nanna-letto, senza tempo per mangiare decentemente e con molte soste schifezza? No...il colpevole sono loro: le malefiche macchinette della scuola! Le loro patatine, i loro snack ipercalorici! Sì, sono loro IL MALE! ... Ma no, forse è colpa del fatto che non faccio colazione al mattino: rivediamo tutti i pasti, indaghiamo su una dieta, uno stile alimentare, impariamo un modo di mangiare che non fa ingrassare! E poi, ragazza mia, devi muoverti! Non puoi andare avanti così. Insomma guardati: sei piena di ciccia. Insomma. Devi andare a correre. Ah già non puoi. Allora a camminare. Sì, a camminare. Ti alzi alle 6 del mattino quest'estate e vai a camminare un'ora, poi torni fai una doccia colazione e vedrai. Nel frattempo i bambini si sono vestiti da soli, hanno preso la macchina e sono andati a scuola da soli. Eh ma quante scuse. DEVI fare qualcosa, così non va bene.
Su queste parole si infrange il ragionamento numero uno.
Così non va bene.
Così non va bene.
Così non va bene.
Così come?
Così, con la ciccia. Così, con la cellulite, la pancia, le tettone cadenti. Non è una questione di salute, la mia salute è perfetta. Non sono ancora andata oltre quella soglia che incide sulla salute. Sono là, nel limbo fra la normale e la cicciona. Sono ancora definibile "curvy", che è un modo elegante e fashion per dire "cicciona ma non troppo". E non va bene. Non va bene perché il canone estetico è una cosa di massa. E la massa dice "ciccia è male". La massa quando ti guarda vede l'imperfezione, vede la deviazione dallo standard da inseguire, da ciò che va bene. Uno standard che ci imbriglia tutti quanti, che tappa i nostri occhi dal guardare davvero. Uno standard che ci fa dire "questo mi piace", "questo mi fa schifo". Ma a chi importa? A noi stessi importa. Noi stessi ci diciamo "non vai bene, sei grassa e quindi fai schifo". Non è lo stesso se sei alta o no, per quello non puoi fare niente. Ma se sei grassa, cavolo, puoi. Puoi scegliere di incentrare il tuo intero stile di vita sul fisico che vuoi avere. Ci puoi lavorare sopra, concentrare le tue energie, i tuoi soldi e il tuo impegno in contesti, attività e situazioni che ti tengano in forma. Puoi. Se vuoi.
Vuoi?
Vuoi davvero concentrare i tuoi sforzi interiori o esteriori sull'apparenza che vuoi avere all'esterno? Ti interessa davvero così piacere? Piacere a tutti? Ti ferisce così tanto che un tizio o una tizia sconosciuti o con priorità diverse dalle tue giudichino il tuo aspetto magro o no? Sì, ferisce.
Allora lavoriamo sulla ferita.
Lavoriamo su quell'ansia di piacere a tutti, su quella punta di male allo stomaco che ti dà il pensiero che ci sia qualcuno che ti considera non esteticamente accettabile, un catorcio. Lavoriamo su cosa ne pensi tu, su come lo giudichi tu, quel qualcuno così impegnato a mettere nero su bianco quanto è importante ciò che sei fuori, quel qualcuno a cui importa così tanto delle apparenze da non riuscire a badare alle cose davvero fondamentali che stanno dentro. Quel qualcuno che valuta PRIMA il fuori. Purìno/a.
Lavoriamo piuttosto sullo star bene con sè stessi, sul giocare col proprio corpo e sul volergli bene così com'è. Sulle cose che ci fanno stare bene. Sulle cose che ci fanno sentire belli.
Tipo un costume da pin up anni Cinquanta, o un colore nuovo di capelli, o un bel tatuaggio perché no.
Sentirsi belli, è quello che conta davvero.
Liberarsi dalle catene che ci fanno guardare allo specchio e individuare in un nanosecondo ciò che "non va bene". Liberarsene, farne collana o accessorio colorato. Riderne. Sorriderne, anzi. Sguainare un sorriso disarmante davanti a certi sguardi e a certi discorsi. Il sorriso di chi sta bene e non giudica neppure chi non è capace di guardare davvero.
E ora, andiamoci a fare un bel panino và. Integrale. Con una fettina di tacchino...

venerdì 17 giugno 2016

Indeterminato

Ciao mamma,
ieri è stato il mio ultimo giorno da precaria.
Nell'ultimo anno sono stata "in formazione e prova". Qualora i dieci anni appena trascorsi non fossero stati sufficienti, il Ministero mi ha chiesto di testare ancora una volta se per caso - per caso eh - fossi proprio proprio adatta per fare l'insegnante.
Ma che ne sa il Ministero. Che ne sa di quando controvoglia ho fatto la domanda per accedere alla SSIS, solo perché tu insistevi. Che ne sa di quando alla Scuola di Specializzazione passavamo il tempo a scrivere cavolate e raccontarci le nostre vite, in barba alla moltissima aria fritta che ci circondava. Che ne sa dei pranzi improvvisati, delle lacrime, delle risate e dei legami profondi che si sono creati. Che ne sa che quasi sempre pensavo "Tanto non sarà questo il mio mestiere"...tranne quando in segreto nelle lezioni di Glottodidattica, Didattica Generale e Docimologia mi si accendeva una luce nel cuore e  mi si sgranavano gli occhi di meraviglia e di sorriso perché quei prof parlavano la lingua che avrebbe dovuto avere per me la scuola. Che ne sa delle mie mute parole a Don Bosco seduta in attesa del test di ammissione "ok. io non la voglio fare questa cosa. Decidi tu. Se questo è quello per cui sono nata...fai il tuo dovere" e poi, davanti ai risultati "Questo è giocare sporco". Che ne sa il Ministero. Che ne sa dei primi giorni in una classe, degli occhi degli studenti. Che ne sa di quando immersa nella mia grande passione, nelle mie grandi speranze sociolinguistiche, mi mancavano quegli occhi e quel clima. Che ne sa il Ministero che questo non è un lavoro: questo è quello che sono. Che ne sa il Ministero che ieri la cosiddetta discussione è stata una piacevole chiacchierata in naturalezza con colleghi che stimo e a cui voglio bene, con cui ho condiviso vedute, episodi, sguardi, abbracci e momenti. Che ne sa il Ministero che sono nella mia acqua.
Non lo so se TU lo sapevi. Ma grazie, mille volte grazie per aver insistito. Se penso che questa è stata l'ultima cosa che mi hai chiesto di fare poco tempo prima di cambiare forma e diventare quella presenza invisibile, silenziosa e potente che sei...e mi guardo oggi...ti ringrazio dal profondo del cuore per avermi lasciato la cosa più preziosa di tutte: ciò che sono e la possibilità di viverlo quotidianamente fino alla pensione.


E grazie anche a te, Lu. Tu non te lo ricordi perché sei supersonica e vai sempre avanti, ma io ricordo bene quando nella cucina di Via Aristosseno, mentre ci facevamo un solito caffè, parlavamo della tesi di laurea e ti dissi che volevo fare la ricerca universitaria, studiare, studiare, scoprire, e tu: "Eppure io non ti ci vedo chiusa in un ufficio o in una biblioteca. Io ti vedo a fare un lavoro a contatto con le persone". Anche tu avevi ragione. E anche a te, grazie di cuore per esserci sempre stata, aver guardato, ascoltato, supportato, e sopra ogni cosa per quella potenza che è il tuo accompagnarci col sorriso e con dinamismo. Ti voglio bene assai.

mercoledì 24 febbraio 2016

Tortelloni di cavolo nero con porri e speck

Ingredienti per 4 porzioni
per la sfoglia: 3 uova intere - 3 etti di semola di grano duro - qualche spruzzo di farina 00 per la lavorazione
per il ripieno: 1 mazzetto di cavolo nero (una ventina di foglie) - 1 spicchio d'aglio - 3 cucchiai di olio evo - 1 foglia di alloro - 250 g di ricotta - 3 cucchiai di formaggio grattugiato (io Rodez) - 2 cucchiai di pangrattato - sale e pepe q.b.
per il condimento: 1 porro piccolo - 80 g di speck (circa 10 fettine) - burro q.b. - sale e pepe q.b.

Preparazione
Per prima cosa ho fatto la sfoglia, usando la planetaria col gancio a foglia, che ho lasciato a riposare per almeno mezz'ora ben coperta perché non si secchi e sviluppi glutine.
Poi ho tagliato a fettine sottilissime il porro e l'ho lasciato in acqua fredda perché assumesse un sapore più delicato in cottura.
Ho tagliato il cavolo a listarelle sottili, l'ho lavato per bene e l'ho saltato in padella con l'olio nel quale avevo prima fatto soffriggere lo spicchio d'aglio (che ho eliminato una volta dorato) e la foglia di alloro (che ho tolto alla fine), per circa 20 minuti. L'ho condito con un po' di sale e pepe, poi tritato leggermente con un mixer e lasciato raffreddare.
Ho lavorato la ricotta, condita col formaggio grattugiato, il pangrattato, sale e pepe,  con una forchetta, l'ho amalgamata al cavolo cotto e tritato e lasciato il composto a insaporire.
Ho tirato la sfoglia a mano con pochissima farina e il mattarello, formato dei quadrati con un tagliapasta, e adagiato mezzo cucchiaino di ripieno su ciascuno, chiudendoli poi a tortello (triangolo poi chiuso sul retro intorno al dito).

Messa sul fuoco una pentola di acqua per cuocere la pasta, ho preparato il condimento.
Ho fatto abbrustolire lo speck in una padella antiaderente dopo averlo tagliato a listarelle, e l'ho tenuto da parte. In una padella ho sciolto un po' di burro e vi ho versato dentro il porro, scolato, condendolo con sale e pepe e lasciandolo a stufare con un po' d'acqua calda aggiunta man mano, per circa 20 minuti.
Ho cotto i tortelloni in abbondante acqua bollente salata, l'ho tirata su col mestolo forato e messa nella padella col condimento a mantecare, insieme allo speck aggiunto all'ultimo momento.

Ho servito con parmigiano grattugiato e una spolverata leggera di pepe appena macinato.

giovedì 5 giugno 2014

Torta di mele della nonna (senza bilancia)

 
Ingredienti
2 mele
75 g di margarina
5 cucchiai di zucchero bianco
3 cucchiai di zucchero di canna
2 uova
1 pizzico di sale
10 cucchiai (colmi) di farina 00
1 bustina di lievito vanigliato
qualche cucchiaio di latte
cannella q.b.
pinoli q.b.
zucchero di canna a decorazione
1 limone (scorza grattugiata e succo)
pangrattato q.b.

Preparazione
Ho sbucciato e pulito le mele, le ho tagliate a spicchi, poi a fettine, e le ho messe in una terrina con il succo del limone.
Ho lavorato con la frusta a mano la margarina morbida con gli zuccheri e la scorza grattugiata del limone, ho incorporato le uova una alla volta col pizzico di sale, aromatizzato con la cannella e aggiunto la farina - setacciata con il lievito - poco alla volta, allungando con il latte necessario ad ottenere una crema morbida ma non liquida.
Ottenuto il composto, ho incorporato le fettine di mela scolate dal succo di limone e versato il tutto in una teglia imburrata e spolverizzata di pangrattato.
Ho decorato con i pinoli e lo zucchero di canna, e cotto in forno preriscaldato a 175° per 45 minuti circa.

martedì 27 maggio 2014

Un fiore

Ieri ho accompagnato mio padre alla visita di accertamento delle condizioni di invalidità per cui abbiamo fatto domanda di riconoscimento. Tradotto: una commissione medica ha bisogno di guardare in faccia il presunto invalido, ricevere dalle sue mani i certificati medici attestanti le varie patologie, restituirgli "le carte" che non ritiene necessarie e salutarlo con un incoraggiante "Le faremo sapere entro tre mesi tramite raccomandata". Durata della visita: minuti 6. Durata dell'attesa: 3 ore e venti. Sì, perché le 45 persone "presunte" invalide che la commissione ha visto e valutato ieri sono state convocate tutte per le ore 15. Noi che avevamo il numero 29 siamo stati ricevuti alle 18:20 e usciti dall'ufficio alle 18:30 circa, quando in attesa c'erano ancora 15 persone. Abbiamo dunque trascorso tre ore buone a osservare gli altri presunti invalidi: anziani in sedia a rotelle, zoppicanti, persone con la bombola di ossigeno portatile (che dura un'oretta circa), donne e uomini che evidentemente non sapevano dove si trovavano e si innervosivano e spaventavano, accompagnatori con la faccia della fatica di chi assiste quotidianamente una persona cara con dei seri, a volte serissimi problemi di salute. Alla fine mio padre, che ha una serie di patologie alcune molto serie altre meno, stava un fiore rispetto agli altri; stanotte ha fatto fatica a dormire e adesso è pieno di dolori e doloretti per non aver riposato ieri e per aver trascorso tanto tempo seduto scomodamente in un luogo dove non c'erano sedie sufficienti per tutti, dove una delle panchine era occupata interamente da uno dei PRESUNTI invalidi che ogni tanto si faceva una pennica supino, dove non c'era una bottiglia d'acqua, una macchinetta del caffè, una rivista, un tavolino, ma in fondo, rispetto agli altri che c'erano ieri, sta un fiore. Se stessimo parlando di un quadro di Van Gogh, sarebbero gli iris, e lui sarebbe uno di quelli ancora dentro al vaso, per capirci.


Riflessione numero uno.
Nei primi giorni d'estate Taranto è splendida: il cielo è blu pervinca, soffia un leggero vento che accarezza la pelle scaldata dal sole, il mare è struggente. La scuola sta finendo, tutti si rilassano, le colleghe tendono alla chiacchiera, gli alunni a coccolare i prof che amano, le altre mamme al nido e alla materna sorridono. Il mio cuore è stato, nelle ultime due settimane, aggredito dalla nostalgia e dell'amletico dubbio: sono pronta a rinunciare a tutto questo e a trovarmi sola, in una città che conosco pochissimo, di cui so pochissimo, quasi senza amici, ad aver freddo, a non sapere cosa fare e chi chiamare in aiuto, a ricominciare da capo saltando quasi nel buio?
Ecco, il pomeriggio di ieri ha polverizzato la mia nostalgia. Cedonsi cielo azzurro, mare struggente, radici, in luogo di civiltà, grazie.

Riflessione numero due.
In parole semplici, abbiamo chiesto allo Stato se, secondo lui, la nostra famiglia ha bisogno di un aiuto. Lo Stato dice: ok, ecco qui dei medici che per me valutano le sue condizioni cliniche, ed ecco qui un assistente sociale che redige un rapporto sulle condizioni socio-ambientali. La situazione è pressappoco la seguente.
Abbiamo un anziano, vedovo, che vive solo con diverse patologie più o meno serie, che ha bisogno di cure, di controlli medici serrati e di un monitoraggio costante, benchè non sia in pericolo di vita e sia ancora autosufficiente nella deambulazione, nell'alimentazione e nell'igiene personale (arrivederci 104 art.33). L'anziano suddetto non ha parenti stretti a parte l'unica figlia, in casa con la quale è attualmente ospite, la quale figlia è insegnante precaria, mamma di due bambini piccoli, il cui marito è insegnante precario anche lui.
Quando vado a votare, scelgo che tipo di Stato voglio risponda a domande come questa.

Quando vado a votare, penso alla mia quotidianità e al mondo che mi circonda, e stabilisco delle priorità fra i moltissimi problemi e fra le moltissime schifezze e cose da risolvere. In un mondo ideale si potrebbe fare alta filosofia e porsi come priorità quella di fare pulizia nella classe politica eccetera eccetera. Non che non sia d'accordo su questo punto, per come la penso io ognuno dovrebbe avere la propria coscienza come guida principale e non fare schifezze (perché le schifezze sono atti e scelte individuali, piccole e grandi che siano). Ma penso che sia SECONDARIO. Tutto qui.
Dunque, per quel che mi riguarda, esiste ancora qualche formazione politica che risponde come voglio io a queste domande, e scanserò nel mio voto sempre chi a queste domande è sordo e chi le considera SECONDARIE. Io. Gli altri, che votino secondo la loro, di coscienza. Tanto di cappello.