mercoledì 22 febbraio 2012

Someone else's shoes


To put in someone else's shoes.
Cioè mettersi nei panni degli altri.
Immedesimarsi nella situazione che stanno vivendo e domandarsi come si reagirebbe al posto loro, che cosa si farebbe, quanto lo si troverebbe facile / difficile, se si riuscirebbe a cavarsela. Onestamente.
Un'arte che bisognerebbe coltivare di più.
Da un lato, si eviterebbero molti giudizi perentori quanto affrettati. Dall'altro, si riuscirebbe ad apprezzare di più le qualità di chi ci circonda e che magari amiamo. Ma soprattutto, si comprenderebbe molto, molto di più la persona nei panni della quale ci si mette...e non c'è cosa che dà maggiore conforto del sentirsi profondamente compresi.

lunedì 13 febbraio 2012

Defrost

Che no, non sono pronta per lo scongelamento.
Però la porta del freezer è ormai aperta e non posso tornare indietro, il processo è innescato.
E con esso, ecco accesa la miccia di tutte le mie paure più  profonde e inattaccabili.
Una volta chiuso questo lungo capitolo, dovrò andare avanti, e non ho idea di come sarà. Finora, il mio essere mamma, donna, è stato congelato dentro questa tela-di-penelope, mentre ora la barca di ulisse si intravede in lontananza, ogni giorno più vicina, e io non posso più smettere di tessere, sto portando a termine questo lavoro, con grande fatica e sempre più spaventata dal dopo. Così me lo dipingo fosco, tragico, terribile, in modo da giustificare la mia paura di cambiare, di affrontare nuove sfide, nuovi esami, semplicemente: nuove cose. Sono sempre stata così: tanta voglia di viaggiare e terrore di catastrofi quando la data della partenza si avvicina, tanta voglia di abbracciare finalmente i miei bambini e blocco assoluto quando il parto si avvicinava. Sono così anche nelle piccole cose pratiche: un sacco di tempo sul bordo dello scoglio quando fa caldissimo l'acqua è tanto meravigliosa mi attira da morire ma io no non mi butto sì ok adesso mi butto no non ce la faccio e se è fredda? e se mi tuffo male? è sicuramente fredda...ma è così bella....non ce la faccio, ok sì ce la faccio che vuoi che sia. no, non ce la faccio. poi finalmente mi butto ed è bellissimo....ma mi sfugge il pensiero che alla fine mi convince a buttarmi. proprio quel pensiero che mi servirebbe ora, che sto esattamente sul bordo dello scoglio a immaginare scenari catastrofici da ogni possibile angolazione, pur di trovare una scusa per non buttarmi nell'acqua che forse mi darà sensazione di freddo che mi dà un senso di ignoto che non so se saprò affrontare.
E lo so da che trauma nasce tutta questa paura, e lo so che tanto poi mi piace sempre una volta che la pagina cambia, e lo so che è inevitabile andare avanti, e lo so che per quanto io ci pensi non posso far niente per cambiare il futuro prima che esso si compia, e lo so che è inutile pre-occuparsi, che tanto quando una cosa brutta arriva non è meno brutta perché io ora ci sto pensando. E lo so anche che ho affrontato grandi difficoltà, che sono caduta sempre in piedi, che ho superato la tempesta perfetta, lo so. Ma se pensassi che posso affrontare qualsiasi cosa dovrei farmi curare, immagino. Si chiamerebbe delirio di onnipotenza e fra le mie tante malattie mentali questa proprio non c'è.
L'altro giorno una persona che non mi vedeva da molti anni mi ha chiesto: "ma che cosa usi per non diventare grande?". Semplice: scappo. Sull'isola che non c'è. Ho sempre detto che James Matthew Barrie era un grandissimo genio, incompreso.

lunedì 6 febbraio 2012

Da qui


Me ne accorgo così
Da un sospiro a colazione
Non mi piace sia tu
Il centro di me
Niente mi porterò
Solo vento tra le mani
Più leggera sarò
Sospesa
Sorriderò prima di andare
Basterà un soffio e sparirò
Forse sarà pericoloso
Forse sarà la libertà
Mi guarderai e vedrai una
Eppure non sarò sola
Una novità sarà
E mi porterà
A non fermarmi mai
Non voltarmi mai
Non pentirmi mai
Solo il cielo avrò sopra di me
Solo il cielo avrò sopra di me
Ricomincio da qui
Da un'effimera illusione
Mi risveglio e ci sei
Ancora tu
Qui

(Malika Ayane)

giovedì 2 febbraio 2012

MInestra di cavolo cappuccio

Ingredienti:
1 cavolo cappuccio
1 patata
1 carota
1 costa di sedano
½ cipolla
1 spicchio d'aglio schiacciato
un bel pezzo di burro (diciamo 70 grammi)
4 tazzine di riso originario (non parboiled!)
100 g di pancetta affumicata a listarelle
1 crosta di grana
sale & pepe q.b.
una spolverata di semi di finocchietto
2 litri circa di brodo vegetale

Preparazione:
Elimino dal cavolo cappuccio le foglie esterne più dure, lo taglio a listarelle sottili, lo lavo bene. Sbuccio la patata e la taglio a dadini. Fatti appassire nel burro scaldato la cipolla, l’aglio, il sedano e la carota tritati alla mezzaluna, aggiungo il cavolo, lo faccio insaporire, condisco con  il sale, il pepe e i semi di finocchietto. Unisco la patata a dadini, copro con il brodo e faccio cuocere in pentola a pressione per 30 minuti o giù di lì (meglio poco di più che meno). Nel frattempo salto la pancetta in padella antiaderente senza niente (olio, burro) e riduco la crosta di formaggio in pezzetti. Quando la valvola della pentola a pressione non sfoga più, tolgo il coperchio, aggiungo il riso, la pancetta e il formaggio, e cuocio ancora per un quarto d'ora. Se invece della pentola a pressione uso una casseruola in acciaio col fondo spesso o, meglio, un bel tegame di coccio, faccio cuocere almeno un'ora prima di aggiungere il riso.
Servo caldissimo con un filo d'olio d'oliva crudo, una spolverata di pepe macinato al momento e tanto grana grattugiato.

Dato che finalmente fa davvero freddo, volevo scaldare casa e cuore con qualcosa di caldissimo che non fosse il solito brodo, e che sapesse un po' di quella montagna che mi manca tanto. Smanettando nel web è possibile trovare un po' dappertutto la ricetta classica della zuppa di cavolo cappuccio, che prevede anche i fagioli cannellini. A parte che non avevo i fagioli, l'abbinamento forse sarà gradevole ma non mi ispirava, così ho fatto a modo mio...e il risultato è stato degno delle aspettative...tutto merito della variante sappadina ;-)