lunedì 25 giugno 2012

Amico Albert


"Imagination is more important than knowledge. For knowledge is limited to all we now know and understand, while imagination embraces the entire world, and all there ever will be to know and understand" (Albert Einstein).
E che mi dici, amico Albert, di quando vuoi tradurre l'immaginazione in realtà? Nessun aforisma illuminante, su questo?

Perché nell'immaginazione il prototipo di madre sotto il quale voglio essere classificata è:
a) una donna. Non un semplice mammifero di sesso femminile con biancheria da ospedale/antistupro, pigiami di pile, vestaglia a portata di mano, capello trascurato e scarpa bassa qualunque. Una donna. Femminile, curata, che si vuol bene e si prende cura del proprio aspetto. Non solo perché questo voglio essere, ma anche - e soprattutto - perché i miei piccoli devono imparare che prendersi cura di sè è già volersi bene, e che le persone sciatte non piacciono a nessuno.
b) una lavoratrice. Una che esce di casa al mattino e svolge attività fuori casa, più o meno soddisfacenti. E non solo perché se non lavoro anche io il Duca prima o poi schiatta, e perché se non lavoro Belfagor si fa grandissime beffe del mio mind bug, ma anche - e soprattutto- perché i miei piccoli devono imparare il valore del lavoro e dei soldi faticati.
c) una cuoca. Una che quando i piccoli e gli amichetti dei piccoli, gli amici, i familiari più disparati, mangiano alla sua tavola sono felici e soddisfatti.
d) una rezdora. Una che la sera prima di andare a letto mette tutto a posto, che se i ladri arrivano di notte non pensano "ah di qua ci sono già passati", che dopo pranzo non crolla sul divano persa dentro una puntata di Bones ma rassetta, lava i piatti e rimette in ordine il nido. E non solo...maancheesoprattutto l'hogiàdettooo? Perché i piccoli devono vivere nell'atmosfera in cui "a ogni giorno basta il suo affanno", che quando si va a nanna si chiude la giornata, che domani è un altro giorno che non si porta dietro gli strascichi del precedente.

Nella realtà, invece:
1) mentre scrivo sono le 14:08, e io sono ancora in camicia da notte, con l'ascella radioattiva e i piedi neri. Le vere donne la mattina si lavano, si cambiano, e camminano con le ciabatte, preferibilmente corredate di tacchetto e pelo.
2) la mia casa al mattino è quasi sempre un campo di battaglia, i piatti li lavo sempre la mattina, e se facessero ancora Bones lo preferirei a ogni altra attività.
3) il pranzo di oggi consiste in alcune fette di pane cucinato dalla Zia B con sopra due dita di Philadelphia.
4) domani parto. due giorni senza bambini. solo 30 misere ore, in un posto che amo, con l'amica speciale. eppure non riesco a sentire il meraviglioso sapore della libertà e dell'essere una specie di donna lavoratrice come nella mia immaginazione. Sento solo che è impossibile, non ce la posso fare. Non voglio non voglio non voglio stare così tanto tempo senza di loro.

Un sonoro vaffa all'immaginazione.

martedì 19 giugno 2012

Vademecum

 Ieri sera, sul dondolo sotto il cielo stellato, cullavo D che voleva addormentarsi e gli cantavo sottovoce questa canzone. Improvvisamente ho sentito agitarsi qualcosa nello stomaco, e i vent'anni che sono trascorsi da quando significava tanto per me si sono frantumati, dissolti, in una frazione di secondo. "Vent'anni" in questo caso non è un modo di dire: volevo proprio scrivere venti. Da quei giorni di primavera dei miei sedici anni, da quei palpiti, da quelle attese, da quella musica. Da quel mare. Da quella distesa di sabbia che non esiste più, calpestata quotidianamente da piedi indaffarati sotto teste lontanissime dai nostri pensieri e dalle nostre speranze adolescenti, acerbe, di allora. Lontanissime dalla mia polo rosa col suo giubbotto jeans, dalla sua maglietta metallara col mio giubbotto jeans. Da quella cabina telefonica e da quella suora, da quelle fermate dell'autobus e dalla sua voce dolcissima. Da quegli occhi verdi.
Quando G o D, a sedici anni, verranno da me a dirmi che sono innamorati, non potrò minimizzare, non potrò dir loro che sono troppo giovani per la parola amore. Dovrò dir loro che devono vivere il loro tempo intensamente, che non devono sottovalutare ciò che provano, se ciò che sentono è questo:
- l'amore è potente: spazza via ogni cosa incontri sul suo cammino, fa piazza pulita di ogni paura, di ogni emozione passata, di ogni precedente infatuazione o attrazione;
- l'amore è coraggioso: si fa beffe di ogni forma di contrasto, di ogni ostacolo geografico o sociale, di ogni persona che tenti di interferire, chiunque essa sia;
- l'amore è costante: resiste a ogni condizionamento, e soprattutto non può essere cancellato dal tempo. Questo non vuol dire necessariamente che sarà possibile, o che si vorrà, trascorrere la vita con l'oggetto dell'amore. Dopo tanto tempo se incontrassi di nuovo chi mi ha dedicato la canzone non lo troverei attraente come allora, nè ho voluto restare accanto a lui fino adesso...e neppure allora, per dire la verità. Però: l'amore che ho provato allora rimane come un segno nel mio cuore, un marchio a fuoco che non si può cancellare e che ha contribuito a fare di me la persona che sono. Un pezzo del mosaico, regalato oggi al mio amore con gli occhi verdi di adesso.

Buonanotte, buonanotte amore mio,
buonanotte tra il telefono e il cielo.
Ti ringrazio per avermi stupito,
per avermi giurato che è vero.
Il granturco nei campi è maturo
ed ho tanto bisogno di te,
la coperta è gelata e l'estate è finita...
Buonanotte questa notte è per te.
Buonanotte, buonanotte fiorellino,
buonanotte fra le stelle e la stanza,
per sognarti, devo averti vicino
e vicino non è ancora abbastanza.
Ora un raggio di sole si è fermato
proprio sopra il mio biglietto scaduto.
Tra i tuoi fiocchi di neve e le tue foglie di tè...
Buonanotte, questa notte è per te.
Buonanotte, buonanotte monetina,
buonanotte tra il mare e la pioggia,
la tristezza passerà domattina
e l'anello resterà sulla spiaggia.
Gli uccellini nel vento non si fanno mai male,
hanno ali più grandi di me
e dall'alba al tramonto sono soli nel sole.
Buonanotte, questa notte è per te.

lunedì 11 giugno 2012

Alea iacta est

Il dado è tratto.
Volo prenotato, stanza fermata.
Due notti senza bambini, e senza marito.
Però, con la Zia Madrina, il Saggio e forse anche (addirittura) la Fata Madrina. Come Thelma, Louise e Graziella, con nella parte di Brad Pitt il figo nato grande che non sa di essere figo, e che ai miei occhi resterà sempre un piccolo biondo col viso tondo, gli occhialetti e l'animo da guru onnisciente.
Insomma è la prima volta che vado via da casa senza G e soprattutto senza D. Senza D. Impossibile.
Eppure, devo. Devo per me stessa, ma anche per loro. Se questa è la vita che spero di fare, devo pur cominciare da qualche parte ad assaporarne i risvolti pratici e scomodi. Perciò, almeno ho la fortuna di farlo la prima volta per andare in un posto che sento profondamente mio, e in compagnia di persone per me speciali all'ennesima potenza, seconde solo a figli e marito.
Ecco, forse se non ci fossero loro con me, anzi se non ci fosse LEI, con me...ecco forse l'aereo non lo prenderei.
E ora, espletato il rituale purificatorio, posso passare alle cose serie. Il power point.

sabato 9 giugno 2012

Di dissennatori, incanti patronus e altre metafore


Scopro, crisi dopo crisi, le molte ragioni che mi hanno fatto appassionare alla storia di Harry Potter. Chi ha amato questo personaggio, le sue vicissitudini e l'ambiente in cui si svolgono comprende certamente come sia quasi ridicolo pensare che si tratti di pura fantasia e di letteratura, tanta è la partecipazione con cui ciascuno ha vissuto la saga.
Scopro, per esempio, che cosa mi sussurrano all'orecchio i Dissennatori quando ogni tanto riescono a baciarmi, e solo la strenua ricerca di un Patronus efficace da evocare riesce a scacciarli prima che annebbino definitivamente la mia coscienza e rovinino così, davvero, la mia vita, per sempre e non solo per quelle ore in cui il loro discorso vaga nella mia anima. Mi avvertono di fare attenzione ai momenti felici, perché dietro l'angolo è in agguato qualche terribile evento: non ricordi, piccola, tutte le volte che è successo? La tua esistenza è stata sempre costellata di episodi del genere. Non te li ricordi? Eccoli qui. Avevi solo tre anni e mezzo...E poi quanti? Otto? E poi nove? Dieci? Undici? Quattordici? Diciassette? Già. E poi, il meglio: venti. Ventuno. Ventiquattro, venticinque e VENTISEIIIII. Ah, già, dimenticavo: ventinove!!! Tutte le volte in cui prendi fiato qualcosa di inimmaginabilmente tragico accade. Dunque, se ora sei felice, serena, stabile: sta' in guardia! Sta' attenta! Chi ami potrebbe ammalarsi e lasciarti per sempre, un incidente portebbe portarti via il tuo amore, i tuoi piccoli sono troppo belli, bravi, perfetti perché tutto ciò duri. Non avrai mai una vita serena, tranquilla, non avrai. mai. PACE.
A questo punto dal fondo dell'anima prende forma una figura argentea, filiforme: il mio Patronus.


Non è un rapace, come pensavo. Non è un felino. Non viene dal passato, come quello di Harry, non arriva da mia madre. Arriva da me. Dal meglio di me, come quello di Hermione.
Deve per forza di cose essere una farfalla.
Leggera. Colorata. Spensierata. Innocua. Vive alla giornata. Non le importa la longevità, non se ne cura. Vola. L'esatto contrario del discorso dei Dissennatori. Dopotutto, per insegnare agli allievi ad evocare il patronus si fa esercizio col Molliccio, e il Patronus è ciò che sconfigge e smaschera il Molliccio.
Il mio primo Patronus efficace infatti nasce da un bozzolo. "Quello che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla" (Lao Tze? Era scritto sulla mia maglietta preferita di mio fratello Eskimo). Tutto ciò che è potuto accadere nel bozzolo non conta.
Sulle ali del Patronus farfalla riesco a ricordare ciò che è successo negli intervalli fra gli eventi tragici, ricordare quanta, quanta vita bellissima è passata nelle maglie del tempo, quante persone meravigliose, quante piccole cose preziose, e quanto amore. Ha ragione Gramellini: NONOSTANTE. Nonostante. Nonostante. Nonostante. Nonostante, tutto.