giovedì 5 giugno 2014

Torta di mele della nonna (senza bilancia)

 
Ingredienti
2 mele
75 g di margarina
5 cucchiai di zucchero bianco
3 cucchiai di zucchero di canna
2 uova
1 pizzico di sale
10 cucchiai (colmi) di farina 00
1 bustina di lievito vanigliato
qualche cucchiaio di latte
cannella q.b.
pinoli q.b.
zucchero di canna a decorazione
1 limone (scorza grattugiata e succo)
pangrattato q.b.

Preparazione
Ho sbucciato e pulito le mele, le ho tagliate a spicchi, poi a fettine, e le ho messe in una terrina con il succo del limone.
Ho lavorato con la frusta a mano la margarina morbida con gli zuccheri e la scorza grattugiata del limone, ho incorporato le uova una alla volta col pizzico di sale, aromatizzato con la cannella e aggiunto la farina - setacciata con il lievito - poco alla volta, allungando con il latte necessario ad ottenere una crema morbida ma non liquida.
Ottenuto il composto, ho incorporato le fettine di mela scolate dal succo di limone e versato il tutto in una teglia imburrata e spolverizzata di pangrattato.
Ho decorato con i pinoli e lo zucchero di canna, e cotto in forno preriscaldato a 175° per 45 minuti circa.

martedì 27 maggio 2014

Un fiore

Ieri ho accompagnato mio padre alla visita di accertamento delle condizioni di invalidità per cui abbiamo fatto domanda di riconoscimento. Tradotto: una commissione medica ha bisogno di guardare in faccia il presunto invalido, ricevere dalle sue mani i certificati medici attestanti le varie patologie, restituirgli "le carte" che non ritiene necessarie e salutarlo con un incoraggiante "Le faremo sapere entro tre mesi tramite raccomandata". Durata della visita: minuti 6. Durata dell'attesa: 3 ore e venti. Sì, perché le 45 persone "presunte" invalide che la commissione ha visto e valutato ieri sono state convocate tutte per le ore 15. Noi che avevamo il numero 29 siamo stati ricevuti alle 18:20 e usciti dall'ufficio alle 18:30 circa, quando in attesa c'erano ancora 15 persone. Abbiamo dunque trascorso tre ore buone a osservare gli altri presunti invalidi: anziani in sedia a rotelle, zoppicanti, persone con la bombola di ossigeno portatile (che dura un'oretta circa), donne e uomini che evidentemente non sapevano dove si trovavano e si innervosivano e spaventavano, accompagnatori con la faccia della fatica di chi assiste quotidianamente una persona cara con dei seri, a volte serissimi problemi di salute. Alla fine mio padre, che ha una serie di patologie alcune molto serie altre meno, stava un fiore rispetto agli altri; stanotte ha fatto fatica a dormire e adesso è pieno di dolori e doloretti per non aver riposato ieri e per aver trascorso tanto tempo seduto scomodamente in un luogo dove non c'erano sedie sufficienti per tutti, dove una delle panchine era occupata interamente da uno dei PRESUNTI invalidi che ogni tanto si faceva una pennica supino, dove non c'era una bottiglia d'acqua, una macchinetta del caffè, una rivista, un tavolino, ma in fondo, rispetto agli altri che c'erano ieri, sta un fiore. Se stessimo parlando di un quadro di Van Gogh, sarebbero gli iris, e lui sarebbe uno di quelli ancora dentro al vaso, per capirci.


Riflessione numero uno.
Nei primi giorni d'estate Taranto è splendida: il cielo è blu pervinca, soffia un leggero vento che accarezza la pelle scaldata dal sole, il mare è struggente. La scuola sta finendo, tutti si rilassano, le colleghe tendono alla chiacchiera, gli alunni a coccolare i prof che amano, le altre mamme al nido e alla materna sorridono. Il mio cuore è stato, nelle ultime due settimane, aggredito dalla nostalgia e dell'amletico dubbio: sono pronta a rinunciare a tutto questo e a trovarmi sola, in una città che conosco pochissimo, di cui so pochissimo, quasi senza amici, ad aver freddo, a non sapere cosa fare e chi chiamare in aiuto, a ricominciare da capo saltando quasi nel buio?
Ecco, il pomeriggio di ieri ha polverizzato la mia nostalgia. Cedonsi cielo azzurro, mare struggente, radici, in luogo di civiltà, grazie.

Riflessione numero due.
In parole semplici, abbiamo chiesto allo Stato se, secondo lui, la nostra famiglia ha bisogno di un aiuto. Lo Stato dice: ok, ecco qui dei medici che per me valutano le sue condizioni cliniche, ed ecco qui un assistente sociale che redige un rapporto sulle condizioni socio-ambientali. La situazione è pressappoco la seguente.
Abbiamo un anziano, vedovo, che vive solo con diverse patologie più o meno serie, che ha bisogno di cure, di controlli medici serrati e di un monitoraggio costante, benchè non sia in pericolo di vita e sia ancora autosufficiente nella deambulazione, nell'alimentazione e nell'igiene personale (arrivederci 104 art.33). L'anziano suddetto non ha parenti stretti a parte l'unica figlia, in casa con la quale è attualmente ospite, la quale figlia è insegnante precaria, mamma di due bambini piccoli, il cui marito è insegnante precario anche lui.
Quando vado a votare, scelgo che tipo di Stato voglio risponda a domande come questa.

Quando vado a votare, penso alla mia quotidianità e al mondo che mi circonda, e stabilisco delle priorità fra i moltissimi problemi e fra le moltissime schifezze e cose da risolvere. In un mondo ideale si potrebbe fare alta filosofia e porsi come priorità quella di fare pulizia nella classe politica eccetera eccetera. Non che non sia d'accordo su questo punto, per come la penso io ognuno dovrebbe avere la propria coscienza come guida principale e non fare schifezze (perché le schifezze sono atti e scelte individuali, piccole e grandi che siano). Ma penso che sia SECONDARIO. Tutto qui.
Dunque, per quel che mi riguarda, esiste ancora qualche formazione politica che risponde come voglio io a queste domande, e scanserò nel mio voto sempre chi a queste domande è sordo e chi le considera SECONDARIE. Io. Gli altri, che votino secondo la loro, di coscienza. Tanto di cappello.

venerdì 7 febbraio 2014

Sally

Questa, è la MIA canzone.
E cantata da Vasco, non si bestemmi.

http://www.youtube.com/watch?v=1dtNaPRZHkk


Sally cammina per la strada senza nemmeno
guardare per terra
Sally è una donna che non ha più voglia
di fare la guerra
Sally ha patito troppo
Sally ha già visto che cosa
ti può crollare addosso
Sally è già stata punita
per ogni sua distrazione o debolezza
per ogni candida carezza
data per non sentire l'amarezza

Senti che fuori piove
senti che bel rumore

Sally cammina per la strada sicura
senza pensare a niente
ormai guarda la gente
con aria indifferente
Sono lontani quei momenti
quando uno sguardo provocava turbamenti
quando la vita era più facile
e si potevano mangiare anche le fragole
perché la vita è un brivido che vola via
è tutto un equilibrio sopra la follia
sopra follia

Senti che fuori piove
senti che bel rumore

Ma forse Sally è proprio questo il senso, il senso
del tuo vagare
forse davvero ci si deve sentire
alla fine un po' male
Forse alla fine di questa triste storia
qualcuno troverà il coraggio
per affrontare i sensi di colpa
e cancellarli da questo viaggio
per vivere davvero ogni momento
con ogni suo turbamento
e come se fosse l'ultimo

Sally cammina per la strada leggera
ormai è sera
si accendono le luci dei lampioni
tutta la gente corre a casa davanti alle televisioni
ed un pensiero le passa per la testa
forse la vita non è stata tutta persa
forse qualcosa s'è salvato
forse davvero non è stato poi tutto sbagliato
forse era giusto così
eheheh
forse ma forse ma si
cosa vuoi che ti dica io
senti che bel rumore


sabato 25 gennaio 2014

New Year's Resolutions #2 aka Perle di benessere


Tempo fa ho cominciato a compilare una lista di 100 motivi per cui vale la pena vivere, alzarsi la mattina, fare fatica. L'idea mi era venuta grazie a Barbara Mammafelice. La lista è ferma al numero 63, ma la aggiorno abbastanza regolarmente.
La lista che segue, invece, è più prosaica e terra-terra. Traduce il punto 3 dei miei buoni propositi 2014. Contiene le piccole cose che mi fanno sentire bene con me stessa, che mi danno sensazioni positive, piccole azioni, regali, che si possono realizzare quotidianamente, e che quando si riescono ad avere tutte insieme compongono una giornata perfetta, che si conclude con un sorriso, molte coccole e un buon sonno.

Sentirmi bella.
E quando mi sento bella io?
- Quando ho i capelli a posto.
- Quando profumo.
- Quando sono liscia e morbida.
- Con gli occhi truccati
- Con un accessorio: bracciale o orecchini. Le collane funzionano meno.
- Con la gonna.
Cantare.
Su questo bisogna lavorare.
Camminare.
Andare in bici.
Avere casa in ordine:
- Ogni cosa al suo posto, un posto per ogni cosa.
- I letti fatti.
- La cucina sgombra e pulita.
- Il bagno splendente.
- Nessuna traccia di polvere.
- Un buon odore.
Curare il blog.
Dei fiori.
In vaso, in terra. Basta che si vedano dei fiori. Ranuncoli, fiori di campo, tulipani, lysianthus, rose di giardino, ortensie, non fa differenza, basta che non siano lilium che fanno cimitero.
Stare all'aperto.
Ci siano alberi e spazio aperto, il resto è secondario.



So' proprio figlia del fiori...

Peace&Love!

[foto qui: http://www.deviantart.com/art/Hippie-Paradise-295352925]

giovedì 23 gennaio 2014

New Year's Resolutions 2014 #1

1) Pensare di meno, fare di più
2) Sentirmi libera. Da tutto, da tutti, di fare tutto.
3) Iniziare una storia d'amore con me stessa: imparare che cosa mi fa sentire e stare bene, regalarmelo (concedermelo) più spesso e senza sentire di non meritarlo.
4) Studiare.
5) Sapere dove vivremo nei prossimi 3 anni.

mercoledì 22 gennaio 2014

Impreparato


Penso troppo. E' un problema. Penso prima, durante, dopo tutto. Penso a tutto e al contrario di tutto, penso a come potrebbero andare le cose se, se, se, se tutto. Penso a come andranno, le cose, se, se, se, se tutto. Penso a come vanno le cose e perché. Penso a ciò che fanno le persone, e perché. Penso a ciò che ho fatto io, e perché, e se mai avessi fatto il contrario come sarebbe stato. Soppeso, se fossi maschio potrei anche dire senza indugio che so' peso. Penso troppo, l'ho detto. In tutto questo pensare mi si attorciglia il cervello, mi fermo, non faccio, e poi penso a perché non ho fatto. E' che mi piace trovarmi preparata nelle situazioni, e così penso che pensando, soppesando, elucubrando, arriverò preparata.
E invece no.
La vita ti mette continuamente in situazioni per cui non sei preparato, anzi si può dire che sono di più le situazioni in cui ti trovi impreparato. Quando vieni al mondo, non sei preparato. Non sei preparato per la crescita, gli ormoni, i ragazzi che ti piacciono, le persone che ti attraggono, le cose che scoprirai ti piaceranno. Per le delusioni, non sei preparato. Per l'amore, non sei preparato; quello vero, poi, arriva proprio quando non sei preparato, non te lo aspetti, sei in altre faccende affaccendato. Per la gravidanza, non sei preparata. Per i figli, non sei preparata neppure dopo che li hai e ti sei fatto un po' d'esperienza e sei convinto di capirci ormai qualcosa...allora arriva quel fatto o quella scoperta di loro che ti sorprende, ed è gioia autentica. Per la morte, non sei preparato mai, nè per quella dei tuoi cari, neppure se ti sei a lungo preparato mentalmente a digerire il rospaccio, nè tantomeno per la tua. E dunque, tutto questo mio pensare e prepararmi, a che minghia serve? A niente, lo so.
[Allora penso che non sono preparata, e invece di fare, ancora, scrivo che penso troppo. Here I am.]
Pensavo di avere bisogno di yoga per trovare l'equilibrio. Però è una cosa troppo di testa, mi farebbe pensare ancora di più. Forse ho bisogno di una cura di fare, forse ho bisogno di trovare qualcosa che non mi faccia pensare, pensare e pensare, ma mi costringa a buttarmi in mezzo al momento. Forse ho bisogno di ballare.

venerdì 17 gennaio 2014

A season to everything


1 Per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo.
2 C'è un tempo per nascere e un tempo per morire,
un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante.
3 Un tempo per uccidere e un tempo per guarire,
un tempo per demolire e un tempo per costruire.
4 Un tempo per piangere e un tempo per ridere,
un tempo per gemere e un tempo per ballare.
5 Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli,
un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci.
6 Un tempo per cercare e un tempo per perdere,
un tempo per serbare e un tempo per buttar via.
7 Un tempo per stracciare e un tempo per cucire,
un tempo per tacere e un tempo per parlare.
8 Un tempo per amare e un tempo per odiare,
un tempo per la guerra e un tempo per la pace.
9 Che vantaggio ha chi si dà da fare con fatica?
10 Ho considerato l'occupazione che Dio ha dato agli uomini, perché si occupino in essa.
11 Egli ha fatto bella ogni cosa a suo tempo, ma egli ha messo la nozione dell'eternità nel loro cuore, senza però che gli uomini possano capire l'opera compiuta da Dio dal principio alla fine.
12 Ho concluso che non c'è nulla di meglio per essi, che godere e agire bene nella loro vita;
13 ma che un uomo mangi, beva e goda del suo lavoro è un dono di Dio.
14 Riconosco che qualunque cosa Dio fa è immutabile; non c'è nulla da aggiungere, nulla da togliere. Dio agisce così perché si abbia timore di lui.
15 Ciò che è, già è stato; ciò che sarà, già è; Dio ricerca ciò che è già passato.
16 Ma ho anche notato che sotto il sole al posto del diritto c'è l'iniquità e al posto della giustizia c'è l'empietà. 17 Ho pensato: Dio giudicherà il giusto e l'empio, perché c'è un tempo per ogni cosa e per ogni azione. 18 Poi riguardo ai figli dell'uomo mi son detto: Dio vuol provarli e mostrare che essi di per sé sono come bestie.
19 Infatti la sorte degli uomini e quella delle bestie è la stessa; come muoiono queste muoiono quelli; c'è un solo soffio vitale per tutti. Non esiste superiorità dell'uomo rispetto alle bestie, perché tutto è vanità.
20 Tutti sono diretti verso la medesima dimora:
tutto è venuto dalla polvere
e tutto ritorna nella polvere.
21 Chi sa se il soffio vitale dell'uomo salga in alto e se quello della bestia scenda in basso nella terra?
22 Mi sono accorto che nulla c'è di meglio per l'uomo che godere delle sue opere, perché questa è la sua sorte. Chi potrà infatti condurlo a vedere ciò che avverrà dopo di lui?
[Ecclesiaste 3]

giovedì 16 gennaio 2014

Normale (?) amministrazione

Mattinata a cercare informazioni su corsi di specializzazione per me e per il Duca.
Ore 8:50.
Prima telefonata: Università di Camerino (Marche). Dopo appena tre squilli, rispondono, educatamente ed esaurientemente, alle mie domande, nei limiti delle informazioni ufficiali.
Sono le 9:10, circa.
Seconda telefonata: Università di Bologna (Emilia Romagna). Rispondono, anche qui educatamente, molto esaurientemente, dandomi anche dei suggerimenti utili e facendo riferimento alla normativa, che mi spiegano con esattezza e gentilezza.
Sono le 9:30.
Terza telefonata: Università di Salerno (Campania). Unico numero reperibile: un centralino. Il "gentile" operatore che mi risponde mi chiede che cosa voglio sapere, poi mi chiede brusco "Ma non ha letto il bando?", e quando gli rispondo che queste info sul bando non ci sono mi dà un numero "se le rispondono", altrimenti "perché non fa una mail?". Vabbè. Farò la mail, dato che non rispondono. Sarà mica che ho cominciato a telefonare al Sud? Quale malignità....
Sono le 10 circa.
Quarta telefonata: Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia. Primo numero: tu tu... Secondo numero: tu, tu, tuuuu. Terzo numero. Quarto numero. QUINTO numero. SESTO numero. S E T T I M O numero: finalmente qualcuno si degna di alzare la cornetta e rispondere gentilmente. Sospetto che ci sia di mezzo il fatto che chi ha risposto è stato immediatamente apostrofato con titolo, nome e cognome (Parlo con la DOTTORESSA Tizia e Caia?). Dottoressa Tizia e Caia mi dice con chi devo parlare, mi dà un numero di telefono. Al quale ovviamente non risponde nessuno. La dottoressa de Minchis con cui devo parlare "si è allontanata", espressione che in gergo vuol dire "non so dove cazzo è, buona fortuna". Dopo mezz'ora di tentativi vani, la dottoressa De Minchis risponde, e - O V V I A M E N T E - mi dice che lei, poraccia, non può aiutarmi, che bisogna chiamare un altro ufficio dove PROBABILMENTE potranno dirmi quello che mi serve, di "fare un tentativo". grrrr, sgrunt, e vu-effe-effe-angùuuulu. Altro ufficio, primo numero: risponde una tizia cadaverizzante che mi dà tossicchiando un nuovo numero, dato che lei -  manco a dirlo - non si occupa della cosa. Il numero risulta staccato. Provo a tutti gli altri numeri, nessuno risponde. Ritorno alla tizia cadaverizzante, le chiedo di nuovo il numero, riluttante me lo ripete, diverso dal primo, riesco a capirlo bene dopo tre richieste di ripetizione. Chiamo. Finalmente risponde qualcuno. Il responso è negativo anche stavolta, non sono loro che si occupano della cosa, devo chiamare il Consorzio X. Il numero è su internet. Ok, grazie. Chiamo il Consorzio X, loro si occupano di tutto tranne che di quello che serve sapere a me, meglio chiamare l'Ateneo, precisamente la signora Sempronia. Aspetti che le cerco il numero, lo chiedo al collega (attendere, prego). Ottengo il mio numero, chiamo. Rispondono, secondo voi?

venerdì 10 gennaio 2014

Luce



È un periodo in cui comprendo cose mai comprese e vedo cose mai viste, nonostante tutto sia sempre stato sotto il mio naso. Una di esse è la mia storia, il mio percorso: in un momento in cui vedo solo nebbia davanti a me, della strada di mattoni gialli vedo soltanto il prossimo passettino, l'orizzonte è invisibile, e io non so se affronterò curve, salite, un lungo rettilineo, un baratro o entrerò in un bosco incantato...la strada fatta finora mi appare stranamente chiarissima. Tutto il paesaggio, non solo i suoi particolari. Tutte le svolte, le discese ardite e le risalite, tutti gli incontri e il loro perchè, mi appaiono per la prima volta in piena luce e acquistano un senso che prima non avevano così nitido.

Un'altra cosa che comprendo meglio, conseguente alla precedente, sono io, me, me myself. Come se mi vedessi davvero per la prima volta.
Questa mattina mi sono sentita dire: "è difficilissimo, per una come me, stare in questa condizione". Cioè immobile, statica, senza sapere dove sto andando, che cosa sto per fare, che cosa mi aspetta non solo nel lungo termine ma neppure nel breve termine. Io, che ho sempre paura che qualcosa di improvviso venga a turbare equilibri così faticosamente conquistati, curati, realizzati. Che non so godermi il momento felice. Che sono sempre all'erta, e annuso l'aria pronta a scattare in difesa di me stessa, del mio mondo, di tutto quanto conta per me. Che avevo trovato una cura per tutta questa tensione, una passione che mi faceva vivere bene il momento, mi riempiva l'anima e riusciva a impedirmi di giocar con la mente e i suoi tarli [Adesso, però, Lucio, basta infilarmi parole delle tue canzoni nel cervello].
Ecco, io, me, me myself, questa tizia qui si trova bloccata in un limbo in cui non può viversi la sua passione, non può cambiare le cose della sua quotidianità che le stanno strette (tipo vedere almeno un pezzettino di orizzonte dalla finestra, arrivare a casa senza smadonnare mezz'ora per il parcheggio, non dover salire cinque piani di scale a piedi tutte le volte che rientri, cosette così), non sa in quale città vivrà fra qualche mese, quale sarà la scuola che frequenteranno i suoi figli, se dovrà cambiare parrucchiere un'altra volta...
L'orizzonte: è la cosa di cui non posso fare a meno. Sotto questo aspetto sono una donna di mare a tutti gli effetti: chi vive vicino al mare fa i conti continuamente con l'orizzonte, e lo vede bello nitido là in fondo anche se non vuole. Ho bisogno di un'orizzonte da guardare e in questo momento non ce l'ho.
Una parte di me si ribella continuamente a questo. Scalcia, strepita, strilla perché vuole a tutti costi un orizzonte, e si arrovella cercando di immaginarselo ma non sa che colori deve usare.
Ma un'altra parte di me, quella più saggia, sa che tutto scorre, e che abbandonarsi alla corrente è il modo migliore per non affogare. Intuisce che -forse- vivere questo momento le fa bene, sussurra che forse questo momento è arrivato per costringerla a imparare a star ferma e respirare, pensare solo al prossimo piccolo passo. Per insegnarle definitivamente ad affidarsi. Sarà per questo che il cammino fatto fin qui appare più chiaro, e ciò che si vede sono le innumerevoli volte in cui la strada le è stata spianata, in cui le cose sono andate a posto in maniera inspiegabile, in cui le luci si sono accese nel buio più fitto.
Sarà per questo che ho così tanto bisogno di yoga.

giovedì 9 gennaio 2014

As Time Goes By


Come tutto si relativizza col passare del tempo!
Leggo i vecchi post sulla mia tela di Penelope, la tesi di dottorato, colgo fatica, senso di inadeguatezza, una sottile, bruciante passione, e aspettative.
Che cosa ne resta, oggi?
Senso di inadeguatezza cosciente e una sottile, bruciante, passione disperata.
Disperata, oggi che aspetto con trepidazione che nero-su-bianco sia pubblicata la valutazione del mio percorso di studi che riassumerei in due parole: non abbastanza.
Non abbastanza per sperare concretamente in una possibilità di lavoro all'università: non abbastanza il numero delle pubblicazioni, non abbastanza buona la tesi, non abbastanza giovane la mia età, non abbastanza l'esperienza accumulata nel settore.
Non abbastanza per volere davvero quella vita: non abbastanza distaccata per pensare di partire ogni tanto per convegni, non abbastanza diligente per continuare a studiare con costanza ed efficacia, non abbastanza convinta di poter smettere di fare la prof di scuola superiore.
Eppure, continuo ad aspettare con trepidazione, come se una vocetta dentro di me sussurrasse "e se...?", come se per magia o per un miracolo improvvisamente lo scenario potesse cambiare e il mio sogno si potesse realizzare, e contro la realtà si potessero infrangere tutte le cose che la razionalità ripete alla passione perché non sanguini, cose come "ma tu non lo volevi davvero", "ma se lo avessi voluto davvero non avresti fatto due figli in due anni durante la stesura della tesi di dottorato", "evidentemente non è questa la tua strada", "anche se dovessi avere un giudizio positivo non significa che avrai l'occasione di concorrere per un posto", cose così.
Intanto, as time goes by, mentre il tempo passa, la mia vita ed io prendiamo pieghe inevitabili: ogni giorno che passa mi rendo più conto di essere una madre, entro nel ruolo con sempre meno fatica e difficoltà, i miei nuovi vestiti mi calzano quasi a pennello, e faccio pace pian piano e faticosamente con l'altra me, quella che sguazza fra gli studenti ed è felice se riesce a far loro imparare qualcosa e se trascorrono ore serene in un ambiente negativo come quello della scuola e spera che si innamorino del sapere, che è la base per una vita da persone civili e da onesti cittadini. As time goes by, si avvicina il momento in cui dovrò cominciare davvero a impacchettare e a farmi la tana altrove, a chiamare "casa" un altro posto, in cui sul serio la mia vita sarà un'altra, altrove. As time goes by, qualcosa dentro di me continua a rimanere perplessa, e a mugugnare "uhm, non so".

[foto: http://www.deviantart.com/morelikethis/309007593?view_mode=2]