giovedì 30 giugno 2016

Bentornato a questo sole

Ultimi giorni di primavera che scivolano nell'estate. Poi i primi giorni di vero caldo. Più tempo con la testa libera, più testa dentro il tempo finalmente libero. Libero da responsabilità, impegni, scadenze, programmi. Insomma un vero inizio d'estate.
Immancabile la radio accompagna in auto i miei spostamenti, e stimola riflessione ed emotività, due tizie che se ne stanno appollaiate sulla mia spalla e ogni tanto mi comandano come il Piccolo Chef sulla testa di Linguini. Penso al passato, al futuro, vicini e lontani, a desideri, a luoghi dove voglio essere, a persone che voglio sentire e a persone che sento dentro inevitabilmente, cullata da una serie di canzoni.
Questo è, di nuovo, il periodo Vasco - Baglioni.
C'è stato il contemplativo periodo Guccini, il profondo periodo De Andrè, il maledetto periodo De Gregori (tre, quattro volte), un lungo, incancellabile e felice periodo Battiato, ma appartengono tutti alla mezza maturità, alla consapevolezza, all'amarezza da Incontro e Vedi Cara e Verranno a chiederti del nostro amore e Niente da Capire e La stagione dell'amore.
Molto prima, durante l'adolescenza, c'erano state molte canzoni sdolcinate, nessun particolare amore musicale vinceva sugli altri, tutto era di pancia e così era la musica. C'erano stati Queen, U2, pochissimi Spandau, Metallica. Venivano gettati i semi dei miei veri gusti musicali, con le radici negli anni Settanta e Ottanta dei giganti della mia vita: Police, Led Zeppelin, Deep Purple, ROLLING STONES, Simon&Garfunkel, Mina, Barbra, Billie, Janis, Joni, Carole, immensa Joan, David Bowie.
Ma nessuno di loro portava epifanie e verità.
Le epifanie e le verità interiori appartengono a quei pochi anni fra la fine dell'adolescenza e l'inizio dell'essere adulti consapevoli e centrati, quegli anni in cui "tutto è ancora intero, tutto è chi-lo-sa", anni in cui trovavo me stessa nelle parole di Vasco e di Baglioni. Dopo un anno di adolescenza tardiva, e un altro a ricostruire le macerie dopo un attacco terroristico emotivo, "ci sta" tornare a scoprirsi nella stessa musica, ritrovarsi, potersi dire (più esattamente potersi urlare a squarciagola sulla rotonda di Piazzale del Lavoro), appunto, "IO SONO ANCORA QUA, EEEEH GIA'" "FORSE ERA GIUSTO COSIIIIIIII", "e non lasciare andare un giorno per ritrovar te stesso, figlio di un cielo così bello perché la vita è adesso", ed assorbire "Bentornato a questo sole, nelle camere di tutto il mondo, quando allaga letti e cuori".

Molto love.

mercoledì 22 giugno 2016

Curvy...aka "cicciona"


Estate 2016. L'estate dei miei 40 anni.
L'estate della forza di gravità che vince. L'estate dell'età che incombe. L'estate della bilancia che segna allarme rosso.
L'estate dei ragionamenti, sul passato e sul futuro.
Oddio, la bilancia segna allarme rosso. Che cosa è successo? Ho mangiato così male? Saranno state le volte al Mac? Sarà stata la pasta? La vita sedentaria? Le corse letto-scuola dei bambini-scuola io- lezioni private/ancora scuola- scuola dei bimbi- spesa-pc-cena-bimbi a nanna-letto, senza tempo per mangiare decentemente e con molte soste schifezza? No...il colpevole sono loro: le malefiche macchinette della scuola! Le loro patatine, i loro snack ipercalorici! Sì, sono loro IL MALE! ... Ma no, forse è colpa del fatto che non faccio colazione al mattino: rivediamo tutti i pasti, indaghiamo su una dieta, uno stile alimentare, impariamo un modo di mangiare che non fa ingrassare! E poi, ragazza mia, devi muoverti! Non puoi andare avanti così. Insomma guardati: sei piena di ciccia. Insomma. Devi andare a correre. Ah già non puoi. Allora a camminare. Sì, a camminare. Ti alzi alle 6 del mattino quest'estate e vai a camminare un'ora, poi torni fai una doccia colazione e vedrai. Nel frattempo i bambini si sono vestiti da soli, hanno preso la macchina e sono andati a scuola da soli. Eh ma quante scuse. DEVI fare qualcosa, così non va bene.
Su queste parole si infrange il ragionamento numero uno.
Così non va bene.
Così non va bene.
Così non va bene.
Così come?
Così, con la ciccia. Così, con la cellulite, la pancia, le tettone cadenti. Non è una questione di salute, la mia salute è perfetta. Non sono ancora andata oltre quella soglia che incide sulla salute. Sono là, nel limbo fra la normale e la cicciona. Sono ancora definibile "curvy", che è un modo elegante e fashion per dire "cicciona ma non troppo". E non va bene. Non va bene perché il canone estetico è una cosa di massa. E la massa dice "ciccia è male". La massa quando ti guarda vede l'imperfezione, vede la deviazione dallo standard da inseguire, da ciò che va bene. Uno standard che ci imbriglia tutti quanti, che tappa i nostri occhi dal guardare davvero. Uno standard che ci fa dire "questo mi piace", "questo mi fa schifo". Ma a chi importa? A noi stessi importa. Noi stessi ci diciamo "non vai bene, sei grassa e quindi fai schifo". Non è lo stesso se sei alta o no, per quello non puoi fare niente. Ma se sei grassa, cavolo, puoi. Puoi scegliere di incentrare il tuo intero stile di vita sul fisico che vuoi avere. Ci puoi lavorare sopra, concentrare le tue energie, i tuoi soldi e il tuo impegno in contesti, attività e situazioni che ti tengano in forma. Puoi. Se vuoi.
Vuoi?
Vuoi davvero concentrare i tuoi sforzi interiori o esteriori sull'apparenza che vuoi avere all'esterno? Ti interessa davvero così piacere? Piacere a tutti? Ti ferisce così tanto che un tizio o una tizia sconosciuti o con priorità diverse dalle tue giudichino il tuo aspetto magro o no? Sì, ferisce.
Allora lavoriamo sulla ferita.
Lavoriamo su quell'ansia di piacere a tutti, su quella punta di male allo stomaco che ti dà il pensiero che ci sia qualcuno che ti considera non esteticamente accettabile, un catorcio. Lavoriamo su cosa ne pensi tu, su come lo giudichi tu, quel qualcuno così impegnato a mettere nero su bianco quanto è importante ciò che sei fuori, quel qualcuno a cui importa così tanto delle apparenze da non riuscire a badare alle cose davvero fondamentali che stanno dentro. Quel qualcuno che valuta PRIMA il fuori. Purìno/a.
Lavoriamo piuttosto sullo star bene con sè stessi, sul giocare col proprio corpo e sul volergli bene così com'è. Sulle cose che ci fanno stare bene. Sulle cose che ci fanno sentire belli.
Tipo un costume da pin up anni Cinquanta, o un colore nuovo di capelli, o un bel tatuaggio perché no.
Sentirsi belli, è quello che conta davvero.
Liberarsi dalle catene che ci fanno guardare allo specchio e individuare in un nanosecondo ciò che "non va bene". Liberarsene, farne collana o accessorio colorato. Riderne. Sorriderne, anzi. Sguainare un sorriso disarmante davanti a certi sguardi e a certi discorsi. Il sorriso di chi sta bene e non giudica neppure chi non è capace di guardare davvero.
E ora, andiamoci a fare un bel panino và. Integrale. Con una fettina di tacchino...

venerdì 17 giugno 2016

Indeterminato

Ciao mamma,
ieri è stato il mio ultimo giorno da precaria.
Nell'ultimo anno sono stata "in formazione e prova". Qualora i dieci anni appena trascorsi non fossero stati sufficienti, il Ministero mi ha chiesto di testare ancora una volta se per caso - per caso eh - fossi proprio proprio adatta per fare l'insegnante.
Ma che ne sa il Ministero. Che ne sa di quando controvoglia ho fatto la domanda per accedere alla SSIS, solo perché tu insistevi. Che ne sa di quando alla Scuola di Specializzazione passavamo il tempo a scrivere cavolate e raccontarci le nostre vite, in barba alla moltissima aria fritta che ci circondava. Che ne sa dei pranzi improvvisati, delle lacrime, delle risate e dei legami profondi che si sono creati. Che ne sa che quasi sempre pensavo "Tanto non sarà questo il mio mestiere"...tranne quando in segreto nelle lezioni di Glottodidattica, Didattica Generale e Docimologia mi si accendeva una luce nel cuore e  mi si sgranavano gli occhi di meraviglia e di sorriso perché quei prof parlavano la lingua che avrebbe dovuto avere per me la scuola. Che ne sa delle mie mute parole a Don Bosco seduta in attesa del test di ammissione "ok. io non la voglio fare questa cosa. Decidi tu. Se questo è quello per cui sono nata...fai il tuo dovere" e poi, davanti ai risultati "Questo è giocare sporco". Che ne sa il Ministero. Che ne sa dei primi giorni in una classe, degli occhi degli studenti. Che ne sa di quando immersa nella mia grande passione, nelle mie grandi speranze sociolinguistiche, mi mancavano quegli occhi e quel clima. Che ne sa il Ministero che questo non è un lavoro: questo è quello che sono. Che ne sa il Ministero che ieri la cosiddetta discussione è stata una piacevole chiacchierata in naturalezza con colleghi che stimo e a cui voglio bene, con cui ho condiviso vedute, episodi, sguardi, abbracci e momenti. Che ne sa il Ministero che sono nella mia acqua.
Non lo so se TU lo sapevi. Ma grazie, mille volte grazie per aver insistito. Se penso che questa è stata l'ultima cosa che mi hai chiesto di fare poco tempo prima di cambiare forma e diventare quella presenza invisibile, silenziosa e potente che sei...e mi guardo oggi...ti ringrazio dal profondo del cuore per avermi lasciato la cosa più preziosa di tutte: ciò che sono e la possibilità di viverlo quotidianamente fino alla pensione.


E grazie anche a te, Lu. Tu non te lo ricordi perché sei supersonica e vai sempre avanti, ma io ricordo bene quando nella cucina di Via Aristosseno, mentre ci facevamo un solito caffè, parlavamo della tesi di laurea e ti dissi che volevo fare la ricerca universitaria, studiare, studiare, scoprire, e tu: "Eppure io non ti ci vedo chiusa in un ufficio o in una biblioteca. Io ti vedo a fare un lavoro a contatto con le persone". Anche tu avevi ragione. E anche a te, grazie di cuore per esserci sempre stata, aver guardato, ascoltato, supportato, e sopra ogni cosa per quella potenza che è il tuo accompagnarci col sorriso e con dinamismo. Ti voglio bene assai.