giovedì 29 novembre 2012

E ssì, vabbè!



E ssì, vabbè! (ma sce me ne futt a mmè)
In questa frase è racchiuso lo spirito intrinseco dell'abitante-tipo di Taranto, una capacità di adattamento alle situazioni che sfiora l'indolenza e che si traduce in definitiva nell'accettare passivamente ogni evento come caduto dall'alto e nei confronti del quale non si possiede alcun potere.
Come spiegare, altrimenti, l'interpretazione serpeggiante di tutti gli aspetti della faccenda Ilva? Delle malattie, sono responsabili quanti si preoccupano di dove andranno a mangiare i figli di 20000 famiglie se la fabbrica chiude. Della disgrazia di chi perde il lavoro, sono responsabili gli ambientalisti che urlano al disastro ambientale. Del disastro ambientale, i politici, tutti. Infine, del tornado, la giustizia divina. La giustizia divina. Giustizia divina che si abbatte sopra un operaio di 23 anni che lavora come ogni giorno in una cabina a 27 metri di altezza di spalle al mare? Sopra il vigilante che viene trascinato per metri dalla tromba d'aria che gli strappa di dosso la divisa? Si potrebbe continuare per ciascuno dei 28 feriti. Senza rendersi conto di che cosa sarebbe potuto succedere,  invece. Che abbiamo sfiorato l'Incidente Rilevante, che avrebbe oltrepassato i confini dello stabilimento con conseguenze imprevedibili. Che se i 70 operai che dopo meno di mezz'ora sarebbero stati nella mensa scoperchiata dalla bufera, oggi forse di vittime ne conteremmo parecchie di più.
Il cielo è azzurro, oggi, su una Taranto scossa, stravolta, sconvolta dalle immagini, presa a schiaffi nella sua indolenza dalla dura realtà. Realtà che dice che l'Ilva non vive di vita propria, un mostro che sputa veleni da solo: è un microcosmo popolato di persone, tante, tantissime persone, più dell'intera popolazione di Sava, per capirci. Che tutto ciò che riguarda il mostro riguarda l'intero territorio non soltanto in termini ambientali ma in termini di famiglie, di individui, di CRISTIANI.
Non posso accettare che questo fatto centrale sia all'ultimo posto delle preoccupazioni di chi ha in mano il destino della fabbrica. La persona umana che di Ilva vive (e muore!) deve essere il punto nodale della questione. Sarebbe ovvio aspettarsi che al vertice di oggi pomeriggio sia questa, la pietra del contendere principale. Ma tutto dice il contrario. Tutto dice che quel maledetto Riva Jr che si favoleggia riposare le sue eleganti chiappe su una spiaggia di Miami, potrà tornare e continuare a usare tutti noi per il proprio profitto, sul quale però è purtroppo fondata una buona parte della "ricchezza" di questa nazione, che disgraziatamente fa parte di un mondo occidentale che sull'idea del profitto e del guadagno comunemente cammuffata sotto il termine (orribile e puzzolente, per me) di capitalismo vive e vuole continuare a vivere.
Da tutte queste amare riflessioni scaturiscono molte, moltissime domande, alcune personali:
a) domenica c'è il ballottaggio delle primarie di centrosinistra: di chi fidarsi, da tarantino in questa situazione?
b) che cosa succederà alla nostra città nel prossimo futuro? Continueremo ad ammalarci e a cadere come mosche, o avremo migliaia di persone allo sbando senza arte nè parte che non sanno dove andare a sbattere la testa?
c) è davvero qui, così, che voglio far crescere i miei figli? La grande domanda, dalla quale discendono tutte le altre:
- Prendiamo baracca e burattini e andiamo a fare la fame altrove, da soli, mollando padre, madre, famiglia, amici, sicurezza lavorativa, progetti per il futuro?
- Restiamo invece qui, ci spostiamo di pochi km, lontano dal mostro e dalle radici, e perdiamo l'occasione di offrire un avvenire più ricco di opportunità alle prossime generazioni della nostra famiglia?
- Infine: che maledetto accidenti ci andiamo a fare, a tentare il concorso farsa, fra venti giorni, trascorrendo queste settimane a sentirci stupidi e incapaci alle prese con esercitazioni impossibili facendoci umiliare da un Ministero sordo e ottuso? Per avere un contratto a tempo indeterminato QUI, per un lavoro che fatto nelle condizioni in cui si fa qui, assomiglia a un martirio?
Sarà difficile, per le persone di Taranto della mia generazione, decorare la casa per Natale, quest'anno. Natale è un periodo importante, per Taranto. Abitudini e riti collettivi, perpetrati volontariamente nelle case, che rinfocolano il senso di appartenenza e di amore per questa città immobile, apparentemente protetta ma prigioniera di un muro di carparo che la abbraccia togliendole l'aria, che rende il tarantino un nostalgico, indolente animale stanziale che vive il calendario sulle scadenze condivise, come Santa Cecilia, come Pasqua, come il periodo fra l'8 dicembre e l'8 gennaio, in cui ama sciuca' a l cart / ama mangia' l pett'l / n'ama vde' cu l'amisc ca iavtn in altitalje.
Eppure già me lo immagino, il tarantino. Dategli qualche altro giorno di sole e prenderà il firone, si preparerà alle solite nottate intorno alla tavola, comprerà le nocelline e si ritroverà a parlare come sempre del mostro, perché fa parte di lui, di noi, perché, in fondo, il tarantino è allergico alla rivoluzione.

3 commenti:


  1. Cara Amica.
    Sono uno di quegli emigrati che vive in "altitaglia" e che il dilemma "partire/restare" l'ha risolto da 4 anni.

    Sentire e vedere le notizie che arrivano da Taranto e soprattutto i commenti di certa gente mi fa salire una carogna che la metà basterebbe.
    Il tarantino medio è esattamente come lo descrivi tu: indolente e allo stesso tempo cialtrone.
    Il suo motto è "il mondo incomincia ad un palmo dal culo mio".
    A nesssuno importa realmente se ci sono 12000 famiglie in mezzo alla strada, l'importante è che l'Ilva la smetta di inquinare.
    Allo stesso tempo, a nessuno importa realmente delle altrettante (forse più) famiglie coinvolte, direttamente o indirettamente da una malattia oncologica. Per assurdo, ci sono dipendenti Ilva che hanno perso familiari, genitori, figli a causa dei tumori e che lottano e sbraitano per rimanere aggrappati alla precarietà di un lavoro che finirà per ucciderli...

    Tutti però sono bravi a parlare, a mettere le foto e i video su Facebook, a commentare con sensazionalismo quello che accade adesso soltanto perchè ADESSO ne parlano i TG. Chi da una parte propone la bonifica dell'Ilva (ca pò m'hanna dìcere cù cce sòlde...), altri che propongono la riqualificazione dell'intera provincia, trasformandola nella Rimini del Sud a suon di discoteche, locali notturni e strutture turistiche, non considerando che così facendo gli imprenditori esproprierebbero TUTTI i cittadini dei litorali, la parte migliore della nostra provincia, costringendoli a pagare per andare al mare e facendo schizzare alle stelle il costo della vita.

    A Taranto si fa la rivoluzione solo a chiacchere.

    Provate a chiedere a qualcuno di questi "progressisti/ambientalisti" un contributo di solidarietà a sostegno delle famiglie degli opera disoccupati.
    Una banalità, 50 euro al mese a famiglia. E non mi dite che sono tanti, 50 euro: conosco famiglie che 50 euro li spendono ogni settimana in gioco del lotto / gratta e vinci / scommesse.

    La risposta sarebbe scontata: MACEMMENEFUTTAMME'!

    L'essenziale è che non si tocchi la mia quotidianità fatta di aperitivi all'Old Fashion piuttosto che al Lucky Corner, la Fenice o i Giardini. O di mangiate di carne luculliane a Cisternino e Martina Franca.
    La Litoranea, il Lungomare e le notti bianche in Città Vecchia per l'estate, à Madònn e le Mistère d'à Sumàna Sande, sempre Forza Taranto, sazizze d'ù paìse e bevimmebirraràffenindecchiù...

    A questo proposito però ho fatto un'altra riflessione: non è che tutto "il bello" di Taranto è solo negli occhi dei migranti nostalgici?
    I riti della Settimana Santa, la Litoranea e il mare d'estate, la tradizione culinaria non sono forse cose che in realtà mancano solo a chi vive lontano?
    A me, detto con sincerità, non manca la mia città. In realtà, sento la manca delle persone care.
    Quel rompiscatole di mio padre. Quel monellaccio di mio nipote. Quelle poche persone che considero veramente Amiche. Fosse per me troverei una collocazione per tutti qui.

    Quello che manca a Taranto è il senso civico. E nessun amministratore o personaggio politico o sindacato potrà mai farglielo crescere... si dice a Napoli "hai voglia a mètte RUMM, nù STRUNZ no pò addiventà BABBA'...

    Non per me, ma per i miei figli, VOGLIO DI PIU'
    http://youtu.be/aOQWmnG-N08

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  2. Sai che, come sempre, sono d'accordo, anche col fatto che di questa città mi mancherebbero solo i cari, che poi sono l'unica e sola vera ragione per cui 1) sono tornata, 2) non me ne sono scappata di nuovo. E sai che mi riferisco a situazioni particolari e non a nostalgia di casa.
    Adesso, proprio in questo momento, metto la mia storia delle mani del Destino, mi affido ad ali più forti e grandi e, pronta a seguire il vento quando lo sentirò soffiare.
    Infine: u sè c stè? Ca nu, NO SSIM Tarandìn :)
    Love.

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  3. E' un po' come la canzone di Giorgio Gaber:
    Io non mi sento Italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono.

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