giovedì 13 settembre 2012

Belli capelli

http://www.thenewwriters.com/2011/07/29/dream-weaving-words-of-light

Questa mattina molto presto ho sognato, uno di quei sogni confusi, pieni di salti spazio-temporali, catartici, che ogni tanto vengono a mettere ordine nel mio io emotivo.
Ebbene, ho sognato di assistere, invisibile, alla festa di compleanno dell'amica mamma per antonomasia, la vittima delle mie mille domande da neomamma; una festa che molto probabilmente non c'è neppure stata, in una casa che non è la sua casa, ma che mi rendo conto fosse il mix di alcune case legate a ricordi dolorosi. E so quale di quei ricordi dolorosi è stato risvegliato ieri da un foto che non vedevo da tempo, amplificato da una situazione dolorosa di oggi che non vivo come vorrei e dovrei. Dunque. A questa festa non ero stata invitata, non sapevo neppure che ci fosse/sarebbe stata, e assistevo come guardando un album di foto in movimento, allo stesso tempo contenta per la mia amica e per i partecipanti ma delusa e un po' ferita dal non essere un partecipante io stessa. Anche questo mi spiego facilmente in termini di mia mancata partecipazione, non del tutto voluta. Se bene quale recondita giustificazione mi sono data, e a quale senso di colpa ho messo inconsciamente una pezza, insomma perché mi sono punita con questa scenetta.
Ma ciò che è importante davvero nel sogno è la scena successiva. Seguendo la sensazione di intima ferita la mia mente ha trasformato lo scenario, e mi ha trasportata nella stanza dove le mie intime ferite sono state a lungo curate, dove le mie piccole e grandi debolezze hanno a lungo trovato rifugio, e nella stanza c'era lei. Bellissima, giovane, avrà avuto la mia età, coi capelli neri non troppo lunghi, folti, meravigliosi come prima,  prima di tutto, senza occhiali, con gli occhi di Davide, col pezzo di sopra di un costume e un paio di pantaloncini, le gambe a posto, leggeva tranquilla, stesa sul letto, in perfetta salute. Come tutte le volte che viene a farmi visita, mi blocco quando la vedo là, nella sua stanza, al suo posto che non è più il suo posto ma che sempre lo sarà, indecisa fra il "non è possibile, è inutile, fattene una ragione, questo non è reale" e il "goditela finché puoi", poi con un gesto, un cenno degli occhi, un guizzo indefinito, lei mi invita a lasciarmi andare, ad abbracciarla, a ghermirla, a stringerla forte da farle male, e a distruggermi di pianto stretta a lei come mai più potrò fare. E questo faccio, finché dopo poco, troppo poco, sempre troppo poco, non mi sveglio avvolta da quella sensazione di amore assoluto, incontenibile e straziante che prova una madre per il figlio e che non ho potuto dirle di aver finalmente compreso e sentito, mista a quel legame ancestrale e inattaccabile di un figlio per la madre che mi sconvolge se penso che è questo che i miei bimbi provano per me.
So che era lei. Era lei. Non era del tutto frutto della mia mente. Ma in parte sì. In parte ero anche  io. Era la visualizzazione di quella parte di me che sento dovrebbe esserci, quella parte precisa ordinata che lei ha sempre cercato di tirar fuori e alla quale mi sono sempre ribellata e in qualche modo mi ribello pure adesso, venuta fuori sotto forma di senso di colpa cosciente in un discorso fatto ieri e che sento di dover potenziare in questo inverno prima del volo lontano che farò a maggio, il primo vero lungo volo lontano da quando lei non c'è più.

2 commenti:

  1. Che bel sogno ... triste ma bello. Anch'io stanotte ho sognato mio zio, stavamo organizzando insieme il matrimonio dei miei genitori... la mente fa strani scherzi davvero!! Ora vado a cercare come seguirti!! :-) Ciaooo C.

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